sabato 31 maggio 2014

“Exodus: Gods and Kings”, Scott dalla sabbia del Colosseo a quella della Palestina

Il manifesto
Valutazione: non eseguibile

La scheda
Un film di Ridley Scott. Con Christian Bale, Joel Edgerton, Aaron Paul, Sigourney Weaver, John Turturro, Ben Kingsley, Indira Varma. Drammatico, Usa 2014. Uscita: 12 dicembre 2014.

La trama
Un film che interpreta L'Esodo, il principale evento descritto nel Libro dell'Esodo della Bibbia. Secondo tale racconto il popolo ebraico, che si trovava in schiavitù nel paese d'Egitto, sotto la guida di Mosè, inviato da Dio, uscì verso la Palestina attraverso la penisola del Sinai. Questa liberazione, ricordata nel rito della Pasqua ebraica, segue una narrazione di eventi che inizia con un bambino ebreo che è abbandonato dalla madre sul fiume Nilo. Salvato dalle acque e adottato dalla figlia del faraone, al bimbo è dato il nome Mosè. Il suo destino sarà però con Dio: attraverso lui, chiedendo la liberazione del popolo ebraico, Dio punirà il faraone Ramses e l'Egitto con le dieci piaghe, finché agli ebrei sarà concesso di lasciare l'Egitto. Mosè e i figli d'Israele, passando attraverso il Mar Rosso miracolosamente aperto da Dio per permettere al suo popolo di sfuggire all'esercito del Faraone, vagheranno nel deserto per quarant’anni prima di raggiungere infine la terra di Canaan.

Tra Bibbia ed epica
Il genere è quello biblico/epico, diretto da Ridley Scott su sceneggiatura di Bill Collage, Adam Cooper e Steven Zaillian. Vanta un cast di stelle tra cui Christian Bale, Joel Edgerton, Ben Kingsley e Sigourney Weaver. Prodotto dalla Scott Free Productions (la società di produzione dello stesso Scott) e Chernin Entertainment, il film verrà distribuito dalla 20th Century Fox.

Christian Bale sarà Mosè
Christian Bale nei panni di un giovane Mosè in Exodus
Piacerà al grande pubblico Christian Bale nei panni di Mosè? La sfida di Ridley Scott è di quelle da non perdere. Per l'attore britannico un ruolo importante, con un grande regista alle spalle. Può essere un trampolino per un nuovo successo. Il pubblico lo identifica come personaggio positivo, ma Scott vuole rigenerarlo ancora di più: da action hero a personaggio storico di spessore. Non una cosa da poco. Al suo fianco Bale trova, come detto, Joel Edgerton (nel ruolo del faraone Rhamses), Aaron Paul (Joshua), John Turturro (Seti), Ben Kingsley (Nun) e Sigourney Weaver (Tuya). Interpreti da sempre all’altezza delle aspettative, ma considerata la narrazione biblica non c’è dubbio che il focus dell’azione (e dell’attenzione) sia tutta sul Batman della saga di Christopher Nolan.

Ridley Scott, una garanzia
Ridley Scott e Christian Bale al lavoro sul set
Ridley Scott vale da solo il prezzo del biglietto in sala. Il fratello (scomparso) Tony Scott - uno dei migliori registi in circolazione - è rimasto nella leggenda di Hollywood per un film, Top Gun (1986), che l’ha consacrato forse anche più del protagonista Tom CruiseRidley vanta un credito altrettanto importante: sarà per sempre considerato ‘quello che diresse Il gladiatore’ (2000). Poco importano - si far per dire - i vari Black Hawk Down (2001), dieci anni prima il leggendario road movie Thelma & Louise o lo storico ma deludente Le crociate - Kingdom of Heaven (2005). Se l’immenso Alien (1979) lo elesse cineasta di talento, Gladiator lo consacrò definitivamente agli occhi del pubblico e della critica mondiale. E sulla stessa sabbia, non più quella del Colosseo ma della Palestina, Scott cerca un nuovo sigillo. (Fonte Mauxa).

redazione

È morto Karlheinz Böhm, negli anni ’50 fu l’imperatore Francesco Giuseppe de “La principessa Sissi”

Karlheinz Böhm nei panni
dell'imperatore de La principessa Sissi
Karlheinz Böhm in una foto
abbastanza recente
Raggiunse la celebrità negli anni ’50 grazie al ruolo dell’imperatore Francesco Giuseppe, che interpretò nella trilogia dedicata alla Principessa Sissi al fianco di Romy Schneider (Vienna, 23 settembre 1938 – Parigi, 29 maggio 1982). L’altra sera è morto, all’età di 86 anni, Karlheinz Böhm, il protagonista anche del discusso L’occhio che uccide (1960, di Michael Powell), storia di un cineoperatore voyeur che realizzava foto a ‘luci rosse’. L’attore austriaco è spirato a Grödig (nacque il 16 marzo 1928 a Darmstadt), piccola cittadina dell’Austria, dopo una lunga malattia. Era conosciuto anche con il nome di Carl Boehm, nome d’arte col quale partecipò a molti film. Grazie al ruolo nella succitata pellicola, riuscì a imporsi all’attenzione mondiale, garantendosi la partecipazione ad alcune produzioni statunitensi come I quattro cavalieri dell’Apocalisse, Avventura nella fantasia e Appuntamento fra le nuvole. Particolarmente attivo nel volontariato, Karlheinz Böhm nel 1968 fondò un’associazione chiamata ‘Menschen für Menschen’, dedita alla lotta contro la povertà in Etiopia, ottenendo nel 2007 il Premio Balzan per l’umanità, la pace e la fratellanza fra i popoli.

L'attore austriaco in una scena del celebre film L'occhio che uccide (1960)
Figlio di Karl Böhm - celebre direttore d'orchestra austriaco - e della cantante lirica Thea Linhard, Karlheinz rimase ancorato per molto tempo alla figura del giovane e biondo imperatore, senza molte possibilità di uscire dal cliché e affrontare ruoli più diversificati. Tra i personaggi da lui interpretati in quel periodo, anche quello del musicista Franz Schubert in La casa delle tre ragazze (1958, di Ernst Marishka). Nei successivi anni decise di passare al teatro. (Fonti l'Adigetto online e Screen Week).

redazione

venerdì 30 maggio 2014

Negli Usa fa scandalo Eva Green quasi nuda sul poster di “Sin City: una donna per uccidere”

Eva Green e la locandina dello 'scandalo'
Gli statunitensi non fanno molto per scrollarsi di dosso la nomea di ‘puritani’ e ‘bigotti’ che si sono guadagnata per frequenti prese di posizioni almeno discutibili in fatto di morale. Questa è una generalizzazione che va, quindi, presa come tale. Ma tant’è, oggi è l’attrice Eva Green (per lei uno dei ruoli principali nel recente kolossal 300 - L'alba di un impero di Noam Murro, ben oltre i 165 milioni di euro incassati solo fra Usa e Italia) a essere definita ‘scandalosa’, secondo Page Six. A gridare all’‘oscenità’ sarebbe stata la Motion Pictures Association of America, indignata di fronte alla locandina statunitense di Sin City: A Dame To Die For (articolo), traduzione Sin City: una donna per uccidere - il manifesto italiano l’ho visto/pubblicato e non può dare adito ad alcuna reprimenda - a causa della ‘nudità’ dell’interprete parigina. «La curva sotto il seno e l’areola del capezzolo sono troppo visibili attraverso l'abito», è stata la rigorosa sentenza dell’organizzazione americana dei produttori cinematografici.

Un'altra immagine di Eva Green, non solo sensuale ma anche valida attrice
Al momento non è stata rilasciata alcuna dichiarazione ufficiale ma comunicato che la produzione (Dimension Films, AR Films, Quick Draw Productions) del nuovo film di Frank Miller e Robert Rodriguez sta lavorando a un compromesso con l'associazione e probabilmente il poster subirà delle modifiche per evitare che la ‘troppo’ sensuale attrice (lanciata nel 2003 da Bernardo Bertolucci nel film The Dreamers - I sognatori) in vestaglia bianca che le lascia i seni a sufficienza contemplabili, continui a lanciare un messaggio peccaminoso. Nell’attesa reciteremo dieci padre nostro e quindici ave maria.

st.mar.

Il più bello di giovedì 30 maggio, prima serata, sul ‘digitale’: La7 D alle 21,10

La locandina
Un tocco di zenzero

Valutazione media: ♥♥♥ = 6,5


La scheda
Un film di Tassos Boulmetis. Con Georges Corraface, Tassos Bandis, Basak Köklükaya, Ieroklis Michaelidis, Renia Louizidou, Stelios Mainas, Tamer Karadagli, Markos Osse, Odysseas Papaspiliopoulos, Thodoros Exarhos, Athinodoros Prousalis, Kakia Panagiotou, Dina Mihailidou, Themis Panou. Titolo originale: Politiki kouzina. Drammatico, Gre/Tur 2003. Durata 108' circa.

La trama
Nella città di Istanbul, piena di profumi d’Oriente, durante la fine degli anni ‘50, la mente, il cuore e il gusto di Fanis vengono educati da suo nonno Vassilis, proprietario di un piccolo negozio di spezie. La filosofia di vita del nonno è legata all’amore e alla conoscenza delle spezie, dell’arte culinaria e dell’Astronomia, passioni che trasmette con trasporto al giovane Fanis. All’inizio degli anni ‘60, Fanis e la sua famiglia, composta prevalentemente da greci, sono costretti a lasciare Istanbul e a trasferirsi ad Atene, lasciando il nonno. Il ragazzo trova difficoltà nell’ambientarsi ad Atene. Spera di poter cucinare per il nonno e per la sua amica Saime, quando verranno a trovarlo.

Critica – Rassegna stampa
“(...) un film (vedi la clip a fianco, ndr) che assume come valori fondanti quelli della cucina come metafora della vita (fatto di per sé strano, ma non denigrabile per questo a priori in fase enunciativa) - osserva Pietro Salvatori di Film Up - si trasforma banalmente in Un tocco di zenzero, titolo che può essere utile in fase di metabolizzazione di un visto, ma sicuramente sterile e inutile come introduzione/approccio al film (...) Il cibo e la cucina sono il veicolo tramite il quale raccontare l’amore di una gente per la propria terra, per i propri valori (...) La struttura narrativa - scrive ancora Salvatori - si divide in modo abbastanza scolastico tra presente filmico e flashback, saltando dall’uno all’altro in modo un po’ confuso e discontinuo, cosa che non va ad incidere molto tuttavia sul girato. La regia è, d’altra parte, senza corpo e senz’anima. Non c’è un’idea di regia a supporto di una intelaiatura di film che dopo la prima mezz’ora si rivela inscatolata in topos ben precisi e intrisa di marchette e personaggi abbastanza inverosimili (...)”.

Un giovanissimo Georges Corraface nei panni del protagonista Fanis
Tassos Bandis è il nonno Vassilis
“(...) Un lungo movimento di macchina che ci restituisce una singolare veduta aerea dei tetti di Istanbul ci conduce indietro nel tempo”, scrive Emanuele Pierozzi di Cine a 4 Stelle (...) Un tocco di zenzero miscela, sinceramente in maniera un po’ leziosa, poesia, nostalgia e amore. L’arte della cucina viene vista come la metafora della vita dove il cibo diviene mezzo per interpretare le sfaccettature che compongono la nostro anima. Seppur efficiente e brioso nella sua costruzione - rileva ancora Pierozzi - colorito e pittoresco nella descrizione dei personaggi che caratterizzano la famiglia di Fanis, rimane convenzionale nella ‘scrittura’ soprattutto quando si immette nel fantastico (...)”. “(...) Purtroppo, l'estro registico di Boulmetis non è bissato in sede di scrittura - scrive Davide Morena di My Movies - e infatti gli sviluppi della storia sono poco convincenti e alcune scene risultano poco funzionali e fuori contesto, sebbene il film resti gradevole e aggraziato fino alla fine. Giudizio sicuramente positivo, purché si faccia finta di non vedere la enorme similitudine con Nuovo Cinema Paradiso, sicuramente non casuale (...)”.

redazione

“Sin City: una donna per uccidere”: ma allora il grande Marv non è morto

La locandina
Mia aspettativa: ♥♥♥ = 7

La scheda
Un film di Frank Miller [II] e Robert Rodriguez. Con Mickey Rourke, Jessica Alba, Rosario Dawson, Michael Madsen, Jaime King, Jamie Chung, Dennis Haysbert, Joseph Gordon-Levitt, Ray Liotta, Juno Temple, Jeremy Piven, Bruce Willis, Eva Green, Ava Lord, Julia Garner, Lady GaGa. Titolo originale: Sin City: A Dame To Die For. Azione, Usa 2014. Produzione: Dimension Films, AR Films, Quick Draw Productions. Distribuzione: Lucky Red.

Cosa sappiamo
Sembrava che lo avrebbero rimandato in eterno e i fan cominciavano davvero a perdere ogni speranza di vederlo arrivare sul grande schermo. Ma ecco finalmente in produzione Sin City: A Dame To Kill For, sequel del fortunato film del 2005. L’hanno annunciato congiuntamente le tre società che producono il film, la Dimension Films, la AR Films e la Quick Draw Produtions, quest'ultima creata di recente proprio dal regista da Rodriguez.

Mia recensione dal trailer
L’impressione è che questa volta Robert Rodriguez - affiancato da Frank Miller [II] - abbia voluto un po’ strafare rispetto al bellissimo prequel, Sin City (2005, che in regia annoverava addirittura Quentin Tarantino). Le caratteristiche di Sin City: una donna per uccidere (è il prequel di Un'abbuffata di morte e di Quel bastardo giallo, rispettivamente terzo e quarto volume che insieme al primo, Un duro addio, componevano Sin City), ci ricorda My Movies, restano in sostanza le stesse: un live action con tanto gusto di fumetto - d’altra parte è sempre la celebre serie a disegni di Frank Miller che lo ispira - il bianco e nero in cui risaltano particolari a colori con predilezione per il rosso, quello delle labbra, ad esempio. Il pulp continua a farla da padrone e in questo, bene o male, funziona sempre. Ma in ogni sequenza, come detto, l’impressione è di una narrazione filmica forzata, caricaturale del numero uno.

Mickey Rourke ancora nei panni del mitico Marv
E poi si delineano situazioni improbabili - normale, si dirà, visto che parliamo di pura fantasia fumettistica - come quella che ributta sul palco Mickey Rourke/Marv il quale alla fine di Sin City sembrava trapassato con una bella frittura di cervello. Rodriguez e Miller [II] decidono di farlo ricomparire, come se senza di lui il successo di questo secondo episodio fosse in pericolo. E, in effetti, il personaggio dell’ex sex symbol di 9 settimane e ½ (1986, di Adrian Lyne, in cui abbiamo ammirato anche la più bella e brava Kim Basinger di sempre, così la vedo io) continua a funzionare alla grande, motore di gran parte della vicenda. I dialoghi sono serrati, con il consueto linguaggio secco, ruvido, sanguigno. Volti sfregiati da una ‘mal vissuto’ che è l’anima marcia del film del cineasta texano e del suo collega del Meryland, Usa. Musica perlopiù assordante - a volte troppo ma ce lo facciamo andare bene, altrimenti andiamo a guardarci una love story - che aiuta a far sprizzare l’adrenalina dell’action senza sosta. Fiato sospeso, attenzione dello spettatore alle stelle.

Un'ancóra incandescente Jessica Alba
L’inserimento di nuovi blasonati interpreti, come ad esempio Ray Liotta, Joseph Gordon-Levitt, Dennis Haysbert e Juno Temple, sembra non aggiungere quell’additivo che garantisca prestazioni all’altezza della prima manche. Possibilità di immedesimazione coi personaggi, riservata solo a mezzi squilibrati o a interpretazioni psicanalitiche. Il nocciolo duro è quello di una città - ma in senso lato di una società - corrosa dal malaffare e dalla spietatezza dell’essere umano. Anche i buoni, in fondo, sono solo dei cattivi che tentano di redimersi dai peccati trascorsi. Un sancta sanctorum di antieroi e di canaglie. Nonostante le pecche suddette, resta un fumetto semovente che non può sfuggire agli appassionati del genere e anche a quelli meno appassionati ma che si sono divertiti con il predecessore. È in preparazione anche Sin City 3 - ci informa ancora My Movies - che al momento vede nel cast Johnny Depp nel ruolo di Wallace (ma l'attore non ha ancora confermato) e Michael Clarke Duncan in quello di Manute. Il film sarà un prequel del primo episodio.

Stefano Marzetti

Il 28 giugno consegna dei Nastri d’argento: le candidature e la ‘sorpresa’ di “Song ‘e Napule”

Il 28 giugno a Taormina la consegna dei Nastri d'Argento 2014
Per Il capitale umano
ben otto candidature
La vera sorpresa nelle candidature della 68^ edizione dei Nastri d’Argento 2014 (il riconoscimento assegnato dai giornalisti cinematografici italiani iscritti all’Sngci), annunciate oggi, venerdì 30 maggio, è un piccolo film che ha conquistato il pubblico crescendo di giorno in giorno nelle sale: Song ‘e Napule (articolo). Se in testa c’è, infatti, un successo annunciato - Il capitale umano di Paolo Virzì con otto segnalazioni - proprio la commedia dei Manetti Bros. lo insegue con sei nomination, insieme ad Allacciate le cinture di Ferzan Ozpetek. Buon successo, in assoluto, nelle cinquine per tutti i film del Festival di Cannes terminato sabato scorso e Alice Rohrwacher con Le meraviglie (articolo) - che ha ricevuto quattro candidature - tra i registi del ‘miglior film’ (che sulla Croisette ha fatto vincere alla regista toscana il Grand Prix della giuria). La consegna dei ‘nastri’ avverrà sabato 28 giugno al teatro antico di Taormina (dove ogni anno si tiene anche il celebre Festival [quest’anno - 60^ edizione - dal 14 al 21 giugno]), in collaborazione con Taormina Arte. L’appuntamento avrà come sempre una seconda serata televisiva su Rai Uno. Sorpresa anche per Anni felici di Daniele Luchetti (cinque candidature) e per In grazia di Dio di Edoardo Winspeare, un’opera realizzata con pochi mezzi, una singolare formula produttiva e molta poesia: anche per Winspeare cinque candidature.

Fabrizio Gifuni
punta al Nastro
Fabrizio Bentivoglio
punta al Nastro
Sono, comunque, ben centoundici i titoli usciti tra il 1° giugno 2013 e il 29 maggio 2014 - di cui quarantadue commedie e ben quaranta opere prime - tra le quali il direttivo Sngci ha selezionato per questa edizione dei Nastri ben trentaquattro film presenti in selezione, quindici dei quali segnalati anche solo con una candidatura. Tra i registi esordienti in gara per il Nastro, oltre a Pif e Sydney Sibilia, che con i loro La mafia uccide solo d'estate e Smetto quando voglio ottengono rispettivamente cinque e quattro nomination, figurano Emma Dante, Fabio Grassadonia, Antonio Piazza, Fabio Mollo e Sebastiano Riso. Per le commedie a contendersi il trofeo quest’anno ci sono, oltre ai Manetti e a Sibilia, Carlo Verdone con Sotto una buona stella, Claudio Amendola con La mossa del pinguino (articolo) - curiosa decisione da parte della giuria dei giornalisti (che organizzano i Nastri con il sostegno del Mibac e con Bnl Gruppo Bnp Paribas come main sponsor), dal momento che questo film è stato scientificamente snobbato anche dal pubblico più propenso alla risatina facile - e Paolo Genovese con Tutta colpa di Freud.

Song 'e Napule
nomination per 'miglior film'
Per quanto riguarda gli attori, per il Nastro da ‘protagonista’ correranno in coppia per il film di Virzì, Fabrizio Bentivoglio e Fabrizio Gifuni (scelta meritatissima in entrambi i casi), e Giampaolo Morelli e Alessandro Roja per quello dei Manetti, insieme a Elio Germano, Kim Rossi Stuart e Edoardo Leo. Le cinque attrici ‘protagoniste’ candidate sono: Valeria Bruni Tedeschi per il film di Virzì (anche questa una nomination strameritata), Paola Cortellesi per Verdone, Valeria Golino (Come il vento), Kasia Smutniak (Allacciate le cinture) e Celeste Casciaro, moglie di Edoardo Winspeare, protagonista del suo film.
s.m.

Nel reale-illusorio “The Congress”, attori scansionati e utilizzati a vita dagli studios

La locandina
Valutazione media: ♥♥♥♥ = 8

La scheda
Un film di Ari Folman. Con Robin Wright, Harvey Keitel, Jon Hamm, Paul Giamatti, Kodi Smit-McPhee, Danny Huston, Kodi Smit-McPhee, Sami Gayle, Michael Landes, Sarah Shahi, Ed Corbin, Michael Stahl-David. Titolo originale: The Congress. Fantascienza, Isr/Ger/Pol/Lus/Fra/Bel 2013. Durata 85' circa. Wider Films: uscita giovedì 12 giugno 2014.

La trama
Robin Wright, che interpreta se stessa, riceve da un grande Studio l'offerta di vendere la sua identità cinematografica: verrà scansionata e di lei verrà creato un campione così che lo Studio possa utilizzare la sua immagine a piacimento in qualsiasi tipo di film di Hollywood, anche i più commerciali da lei in precedenza spesso rifiutati. In cambio, Robin riceverà una cospicua somma di denaro, ma soprattutto, lo Studio promette di mantenere il suo alias digitale per sempre giovane - per l'eternità - in ogni film. Il contratto ha una validità di vent'anni. È a questo punto che Robin viene catapultata in un mondo animato; tutti i divi che come lei si sono fatti scansionare, si riuniscono al Congresso di Futurologia dove viene presentata la formula chimica che dà la possibilità di assumere molteplici identità. Tratto dal romanzo fantasy scritto nel '71 da Stanislaw Lem (The futurogical congress).

Critica – Rassegna stampa
“(...) È un film parecchio discontinuo, The Congress - scrive Gabriele Capolino di Cine Blog - molto meno compatto dell’opera precedente. Diviso in tre parti (live action, animazione e ancora live action, più il finale), il film trova il suo momento più faticoso proprio nella sezione del congresso, dove ne succedono di tutti i colori: ma è la sceneggiatura a mettere a dura prova. Non infastidiscono affatto le linee e le geometrie perfette dei disegni, i colori pantone, le figure assurde e gli animali di ogni tipo ispirati ai fratelli Fleischer, anzi (...) Però a The Congress vanno riconosciuti dei grandi meriti: innanzitutto perché è cinema liberissimo, e che quindi si prende dei rischi non da poco (…) tira fuori anche all’interno del suo discorso meta-cinematografico - rileva ancora Capolino - il concetto di libera scelta, toccando il cuore nel finale (fondamentale a livello emotivo è il supporto della musica, scritta come sempre dal bravissimo Max Richter)”.


Un'immagine del film The Congress con Robin Wright
“(...) Ispirato alle pagine di The Futurological Congress di Stanislaw Lem - si legge nella recensione di Tiziana Morganti di Movie Player - il regista, però, decide di andare oltre la base del romanzo per costruire una critica ai vizi pubblici della nostra epoca utilizzando il mezzo cinematografico in tutte le sue possibilità tecniche, visive, narrative e introspettive. Costruendo l'intera architettura del suo racconto sulla contrapposizione di un universo reale ad uno puramente illusorio e indotto, Folman decide di utilizzare come voce guida, un’attrice che, attraverso una femminilità allo stesso tempo dolce e struggente, si candida ad essere la vittima predestinata di una società dedita all’adorazione 
Il regista
Ari Folman
dell’immagine. Così
Robin Wright accetta d’interpretare se stessa come simbolo di un’umanità in declino. Attrice troppo ‘difficile’ ed emotiva, accetta la proposta della casa di produzione Miramount di essere scannerizzata con il fine di avere a disposizione un interprete perfetto, sempre a disposizione, flessibile a qualunque ruolo, sfruttabile illimitatamente e, soprattutto, privo di personalità e necessità capaci d’intralciare o frenare la realizzazione del progetto (...) proprio grazie allo studio e all’utilizzo dello stile cartoon anni Trenta - scrive sempre Morganti - il regista decide di raccontare l’evidente finzione di un mondo a tratti farsesco e totalmente destabilizzante. Un universo dove è possibile sentirsi onnipotente, affascinante, potente e invincibile ma dove la percezione di se stessi è sottoposta a una continua manipolazione fino a perdere coscienza della linea sottilissima che divide il reale da ciò che non lo è. Perché sognare può essere consolatorio e spesso necessario, ma indulgere nella menzogna è un viaggio senza ritorno verso la perdizione”.

redazione