Un film di Francis Lawrence. Con Jennifer Lawrence, Philip Seymour Hoffman, Josh Hutcherson, Julianne
Moore, Natalie Dormer, Lily Rabe, Wes Chatham, Elden Henson, Omid Abtahi,
Robert Knepper. Titolo originale: The Hunger Games: Mockingjay - Part 1.
Avventura, Usa 2014. Universal Pictures. Uscita: giovedì 20 novembre 2014.
Trama
Il fenomeno
mondiale di Hunger Games torna a
illuminare l’oscurità con Hunger Games - Il canto della rivolta - Parte I. Katniss Everdeen (Jennifer Lawrence) si
trova ora nel Distretto 13 dopo aver annientato i giochi per sempre. Sotto la
guida della Presidente Coin (Julianne Moore) e i consigli dei suoi fidati amici,
Katniss spiega le sue ali in una battaglia per salvare Peeta (Josh Hutcherson)
e un intero Paese incoraggiato dalla sua forza. Il film è diretto da Francis
Lawrence - per la sceneggiatura di Danny Strong e Peter Craig - e prodotto
dalla Color Force di Nina Jacobson con il produttore Jon Kilik. Il libro da cui
il film è tratto è il terzo della trilogia scritta da Suzanne Collins, stampata
in più di 65 milioni di copie solo negli Stati Uniti.
Cosa
sappiamo
È morto da quasi sei mesi Philip
Seymour Hoffman - a soli 46 anni - ma la sua anima continua a volteggiare
nell’universo del cinema, sulle ali dei film che l’attore di Fairport (New
York, Usa) aveva da poco finito, o quasi, di girare prima di lasciarci per
sempre. Tra questi c’è Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte 1 (2013, con protagonista
Jennifer
Lawrence nel ruolo
di Katniss Everdeen), terzo capitolo della saga nata dalla fantasia di Suzanne
Collins. Hoffman morì
proprio mentre stava terminando di girare le sue ultime scene sul set. Subito
dopo la sua scomparsa, la Universal, casa di produzione del film, annunciò la decisione di non tagliare la parte di Hoffman né di
affidarla ad altri, scegliendo di ricreare al computer la sua figura per le
restanti sequenze che non ha fatto in tempo a girare. Hunger
Games: Il canto della rivolta - Parte 1, diretto da Francis Lawrence (Io sono
leggenda, Come
l’acqua per gli elefanti), uscirà in contemporanea negli Usa e in Italia il 20 novembre prossimo.
Philip Seymour Hoffman in una scena di Hunger Games: Il canto della rivolta - Parte 1
Anche tra le immagini del teaser trailer (letteralmente un breve trailer, come una strizzata d'occhio, per dare una prima idea della pellicola), di sicuro impatto
emotivo, ci sono anche delle comparse di Philip Seymour Hoffman nel ruolo
di Plutarch Heavensbee, l’ex Gamemaker. Di grande emozione, come già
annunciato, il fatto che il trailer
sia raccontato dall’ultimo Hoffman. Il suo essere messo in bella mostra nel
promo indica che gli studios non
hanno per niente tagliato il suo ruolo nonostante le tragiche circostanze. Il trailer
del film, infine, accoglie anche gli interventi di due new entry nel cast: ovvero Julianne Moore, rivale del
President Snow e principale antagonista di Mockingjay, e l’attrice inglese de Il trono di
spade, Natalie
Dormer, che
interpreta Cressida, un’altra ribelle. Il canto della rivolta, va detto,
ha come virtuale location la nazione
di Panem situata in America settentrionale con capitale Capitol City, che si
trova tra le Montagne Rocciose. Il Distretto 12, è invece collocato in una
regione ricca di carbone, Appalachia (il riferimento è alle Appalachian
Mountains nel versante orientale degli Stati Uniti e del Canada). Ci sono nella
saga in tutto dodici distretti, oltre al tredicesimo che fu distrutto da Capitol
City per estinguere una rivolta scoppiata anni prima. Gli Hunger Games insomma hanno luogo in un’arena costruita per l’occasione
in una località non nota.
s.m.
Per
alcune informazioni si ringraziano Today online e Ansa online
David di Donatello 2010: miglior
regista a Marco Bellocchio, migliore fotografia a Daniele Ciprì, migliore
scenografia a Marco Dentici, migliori costumi a Sergio Ballo, miglior trucco a
Franco Corridoni, migliori acconciature a Alberta Giuliani, miglior montaggio a
Francesca Calvelli, migliori effetti speciali visivi a Paola Trisoglio e
Stefano Marinoni; Nastri d'argento 2009: miglior
attrice protagonista a Giovanna Mezzogiorno, miglior fotografia a Daniele
Ciprì, miglior montaggio a Francesca Calvelli, miglior scenografia a Marco
Dentici; Globo d'oro 2009: migliore
attrice a Giovanna Mezzogiorno, miglior fotografia a Daniele Ciprì, Globo
d'oro Speciale Stampa Estera a Marco Bellocchio;. Ciak d'oro 2010: migliore
fotografia a Daniele Ciprì, miglior montaggio a Francesca Calvelli, miglior
manifesto.
La
scheda
Un film di Marco Bellocchio. Con Filippo
Timi, Giovanna Mezzogiorno, Fausto Russo Alesi, Michela Cescon, Pier Giorgio
Bellocchio, Corrado Invernizzi, Paolo Pierobon, Bruno Cariello, Francesca
Picozza, Simona Nobili, Vanessa Scalera. Drammatico, Ita/Fra 2009. Durata 128’ circa. 01 Distribution.
La trama
Nella vita
di Mussolini c’è uno scandalo segreto: una moglie e un figlio, concepito,
riconosciuto e poi negato. Questo segreto ha un nome: Ida Dalser. Una donna che
grida la sua verità fino alla fine, nonostante il disegno del regime di
distruggere ogni traccia che la colleghi al Duce. Per il regime Ida Dalser è
una minaccia, una donna da rinchiudere in un ospedale psichiatrico - lontano
dal figlio, dalla famiglia, dalla gente - dove tuttavia, incapace di sbiadire
nell’ombra e forse salvarsi, continua a rivendicare il suo ruolo di moglie
legittima del Duce e madre del suo primo figlio maschio Benito Albino
Mussolini. Le loro due esistenze sono state cancellate dal mondo e dalla
memoria. Una pagina oscura che la storiografia ufficiale non racconta.
Recensione
(rassegna stampa)
Il regista
Marco Bellocchio
Il film fu presentato al Festival di Cannes
2009. “(...) Liberamente ispirato al saggio storico (non privo di zone d’ombra)
Il figlio segreto del duce di Alfredo
Pieroni - ricorda Claudio Zito di Onda Cinema - il soggetto si adatta
benissimo a quella narrazione che getta alle ortiche convenzioni e linearità
cui Marco
Bellocchio
ci ha abituati (...) Prima parte del tutto atipica: un melò estremamente passionale, di fatto senza dialoghi, ma
sviluppato a partire da immagini dal fascino gotico, da brevi monologhi privi
di risposta, contrappuntato da intuizioni d’avanguardia e rari squarci onirici
(...) La tenuta alla distanza è la questione dubbia, in merito alla riuscita
del film”, rileva ancora la recensione di Onda Cinema. “L’onnipresenza delle
musiche pompose rischia di stancare, mentre lungaggini e altri momenti di noia
fanno capolino. Né l’evoluzione parallela di storia e Storia, della follia del
regime e di quella, presunta, delle sue vittime, appaiono del tutto
convincenti. Ma Bellocchio ha l’intelligenza di non far concludere la
sua opera (salvo didascalie finali) con la morte degli sconfitti, bensì con una
sequenza straordinariamente evocativa: il figlio segreto del Duce (…) prima di
soccombere, si lancia in una schizzata imitazione del padre, mentre il dramma
della guerra incombe. Una delle tante sequenze da ricordare - termina Zito - al
pari del ricovero della madre successivo al di lei pestaggio”.
Filippo Timi e Giovanna Mezzogiorno in una scena di Vincere
“(...) La paura era che (il film, ndr) non prendesse posizione,
limitandosi ad una traccia storica - scrive Glauco Almonte di Cinema del Silenzio - sulla quale muovere Benito e Ida come i due
protagonisti di una qualsiasi tragedia. Bastano pochi minuti di Vincere perché
passi ogni dubbio: Bellocchio ha fatto un film a tratti imponente,
affiancando tanto nelle inquadrature quanto nei dialoghi il suo punto di vista
a quello prettamente storico (...) Giovanna Mezzogiorno nei panni
della Dalser ci mostra un lato erotico-compulsivo che le è nuovo e riesce a
smorzare i toni in una situazione in cui ci si potevano aspettare strepiti a
non finire; chi sorprende è Filippo Timi - rileva Cinema del Silenzio -
che abbina una prima parte in cui può plasmare un personaggio con un margine di
libertà ad una seconda fatta di pochissime ma riuscitissime scene, su tutte
l’imitazione del padre per far divertire gli amici (Timi interpreta
sia il Duce che il figlio nella loro giovinezza, mentre Mussolini adulto è
lasciato alle sole immagini di repertorio). Il prodotto compiuto è alla fine un
po’ pesante, molte volte si ha l’impressione che le scene siano troppo lunghe -
scrive ancora Almonte - ma subito un’immagine o una breve sequenza affascinante
re-immerge lo spettatore nella contemplazione dell’opera (...)”.