sabato 22 marzo 2014

La nuova “Sirenetta” in chiave grottesca, stile Tim Burton

Un'immagine del film di animazione La Sirenetta
Abbiamo già scritto del progetto della regista Sofia Coppola di realizzare un lungometraggio sulla ‘mitica’ Sirenetta, la cui più celebre versione è quella di animazione del 1989 realizzata dalla Disney. Oggi esce un’intervista all’autrice di film di grande successo come Lost in Translation (2003) in cui dichiara, in sostanza, che la pellicola sarà una rilettura in chiave grottesca, stile Tim Burton (celebratissimo il suo Frankenweenie nel 2012) e quindi molto aderente all'originale letterario, della fiaba di Andersen, con un essere fantastico - la Sirenetta, appunto - che rinuncia per amore a una parte importante di sé, in una ricerca quasi ‘faustiana’ verso
La regista Sofia Coppola
l'attraversamento dei propri limiti. Ne parla anche il sito Mentelocale.

Tim Burton, la rivisitazione
sarà ispirata al suo stile
Questa nuova prova cinematografica (riportiamo testualmente dall’articolo firmato da Matteo Paoletti di Mentelocale, appunto) rappresenta senza dubbio una sfida per Sofia Coppola, che con lo scavo della fiaba di Andersen si allontanerà sensibilmente dalle tematiche affrontate finora nel proprio cinema, dalle ombrose e drammatiche scelte adolescenziali (Il giardino delle vergini suicide), all'incomunicabilità tra adulti (il già citato Lost in Translation), passando per la ricostruzione storica-pop (Antoinette) fino ad approdare al virtuosismo talvolta gratuito di Somewhere.  Per quanto riguarda l'approccio di Sofia Coppola al film, qualcosa di più racconta il britannico The Independent, che anticipa parte del soggetto. Ne emerge una trama exquisite and painful (raffinata e dolorosa al tempo stesso), per una Sirenetta in carne e ossa che - secondo indiscrezioni della stampa del Regno Unito - potrebbe avere le fattezze di Emma Watson (protagonista nel 2012 del più che apprezzato Noi siamo infinito, del regista statunitense Stephen Chbosky).


redazione

venerdì 21 marzo 2014

È più che un progetto il ritorno dei “Ghostbusters”

La storica locandina del film
Cosa sappiamo
Gli ‘acchiappafantasmi’ sono tornati. O perlomeno stanno per farlo: le riprese del terzo film della serie Ghostbusters cominceranno nel 2015 a New York, senza lo storico regista Ivan Reitman, tiratosi indietro dopo la morte del suo amico Harold ‘Dottor Spengler’ Ramis lo scorso febbraio. Lo rivela il sito web de Il Messaggero.  Profondamente scosso dopo il funerale di Ramis, il regista Reitman ha riflettuto per due lunghe settimane per poi decidere di limitarsi al ruolo di produttore ma – ha assicurato – aiuterà a trovare un nuovo regista degno di tale nome.

Il regista Ivan Reitman
sarà solo produttore
Per quanto riguarda gli attori, alla fine di un ‘inseguimento’ allo straordinario  Bill Murray (lo abbiamo visto lo scorso febbraio nello stellare cast del non del tutto convincente Monuments Men) durato un paio di anni, non è ancora chiaro se il personaggio di Peter Venkman sarà della partita: quel che è certo, ha dichiarato Reitman al sito Deadline, è che «la Sony ha un nuovo copione che non ha bisogno di Murray». Largo ai giovani, quindi: gli originali Ghostbusters avranno – per forza di cose - un ruolo molto minore e i personaggi chiave saranno interpretati da nuovi attori. L’unico ancora entusiasta del progetto sembra Dan Aykroyd ma, secondo Reitman, «un passaggio di testimone da parte unicamente sua sarebbe deprimente».

Comunque, i fan della prima ora possono stare tranquilli: secondo l’ormai ex regista «lo spirito dei primi film resterà intatto». Per la nuova regia i beninformati danno per favoriti il duo Phil Lord e Chris Miller, reduce dal film campione d’incassi Lego Movie. Almeno per ora, la domanda che ha fatto storia nella sigla di Ghostbusters rimane: “Chi chiameranno?”

redazione

Il più bello di stasera sul ‘digitale’: Rai 5 alle 21,20 (con trailer)

La locandina
Sugar Man

Scheda del film
Un film di Malik Bendjelloul. Con Stephen Segerman, Dennis Coffey, Mike Theodore, Dan Dimaggio, Jerome Ferretti, Steve Rowland, Willem Möller, Craig Bartholomew-Strydrom, Ilse Assmann. Titolo originale Searching for Sugar Man. Documentario, Sve/Gb 2012. Durata 86'.

Trama del film
Due sudafricani hanno deciso di scoprire cosa è successo al loro eroe musicale, Sixto Rodriguez. Nei primi anni 1970, Sixto Rodriguez era un folksinger di Detroit che ha avuto una carriera discografica di breve durata, con soli due album ben accolti, ma che non hanno avuto una grande fortuna commerciale. La sua storia musicale è proseguita nel Sud Africa dove è diventato un icona della musica pop.

Breve commento
Non l’ho visto, perciò mi affido in toto alla recensione di Emanuele Sacchi su Mymovies.it. Si tratta, comunque, di un docufilm senza mezzi termini straordinario. “Lo svedese Malik Bendjelloul (suo unico lungometraggio, ricordo io) confeziona astutamente tutti gli elementi in un “racconto omogeneo, giocando nell’incipit sul mistero di un artista ‘maledetto’ con inusuali inserti digitali ‘postumi’ per poi approdare ai lidi rassicuranti del docurock classico e alla più classica delle storie di riscatto e redenzione. Un’operazione costruita con perizia - rileva sempre Sacchi - tale da apparire talora ai limiti dell'artificioso ma che trascina in ogni caso, complice il talento adamantino dello sfortunato songwriter, talmente meritevole di una riscoperta da far sorvolare su ogni possibile difetto del film di Bendjelloul”.

Rodriguez
Rodriguez in concerto
Indagando per voi sul Wikipedia, rendo noto che il 71enne Sixto Díaz Rodríguez è nato il 10 luglio 1942 a Detroit, nel Michigan, da 

una famiglia di modeste condizioni. Suo padre era messicano, immigrato negli Stati Uniti negli anni venti, mentre sua madre era statunitense di origini native americane ed europee. La maggior parte delle sue canzoni tratta temi sociali e soprattutto indaga poeticamente le condizioni della classe lavorativa del paese. Nel 1981 si è laureato in filosofia alla Wayne State University di Detroit. Nel 1967 (con il nome Rod Riguez) pubblica senza troppa fortuna il suo primo singolo, I'll Slip Away, con la casa discografica Impact. Per i successivi tre anni rimane inattivo, finché non firma un contratto con la Sussex Records, una casa discografica di Los Angeles, di proprietà della Buddah Records. Dopo aver cambiato il suo nome in Rodriguez, pubblica due album con la Sussex, Cold Fact, del 1970 e Coming from Reality, del 1971, vendendo tuttavia pochissime copie negli Stati Uniti. Il contratto con la casa discografica è rescisso. In difficoltà economiche, Rodriguez comincia a lavorare come operaio. A partire dalla metà degli anni settanta, a sua insaputa, la sua musica diventa assai conosciuta in Sud Africa, Botswana, Rhodesia, Nuova Zelanda e Australia. I suoi due primi album sono stati ripubblicati nel 2009 dalla casa discografica Light in the Attic Records di Seattle (Washington).

s.m.

Veltroni ci racconta di “Quando c’era Berlinguer” (con trailer)

La locandina
Scheda del film
Un film di Walter Veltroni. Documentario, durata 117 min. - Italia 2014. - Bim uscita giovedì 27 marzo 2014.

Trama del film
Enrico Berlinguer ricostruito attraverso immagini di repertorio e interviste a chi l'ha conosciuto, ha vissuto e lavorato al suo fianco. Con poco riguardo per la vita personale e una marcata attenzione per la vita professionale è ricostruito il percorso che l'ha reso il leader più amato del suo partito, un simbolo di rettitudine politica, un modello stimato anche dalle parti opposte dello schieramento.

Tema del film
Un film documentario su Enrico Berlinguer, storico e compianto segretario del Partito comunista italiano. Che Walter Veltroni amasse il cinema lo sapevamo tutti. Il fondatore del Partito democratico non ha una laurea ma il diploma d’istruzione secondaria superiore rilasciato dall'Istituto di stato per la Cinematografia e la Televisione, quello non glielo ha potuto negare nessuno. Dicevo, che amasse il cinema lo sapevo (indimenticabile l'uscita di centinaia di vhs in ‘panino’ con l'Unità quando il Nostro ne fu il direttore) ma fino a poco tempo fa, prima di sentir parlare di questo progetto, non avrei pensato che si sarebbe proposto come regista. Da quando per lui la politica è diventata un esercizio da compiere con ‘la mano sinistra’, l'ex sindaco di Roma si è dedicato alla scrittura mandando in libreria qualche romanzo e saggio di medio successo. Ma, si sa, ogni tanto bisogna cambiare e comunque, come detto, fin da ragazzo, sulle orme del padre Vittorio (importante dirigente della Rai che Walter non conobbe mai visto che aveva solo un anno quando il genitore morì di leucemia), la sua vera passione sono stati i film.

Il neo regista Walter Veltroni, autore del documentario
Premesso che quando un uomo politico si cimenta in qualcosa io storco sempre la bocca con scetticismo (che ci posso fare?), è evidente che ci sia un collegamento tra questo Quando c'era Berlinguer e il papocchio di democrazia in cui, senza pudore, è stato reso lecito che il cittadino non abbia più alcuna voce in capitolo sulle sorti del Paese. Sono convinto che Veltroni non si possa sfilare da tutto ciò e uscirne immacolato come l'‘uomo in ammollo’ del valente chitarrista italiano Franco Cerri, ma quanto meno egli ha il merito di aver accettato la sconfitta politica e di essersi fatto da parte, seppure in modo parziale (siede ancora bello bello nel nostro Parlamento di ‘non eletti’). E l’inestirpabile indole del politico, pare che Veltroni non sia riuscito a nasconderla neppure in questa circostanza, finendo per rovinare la sua opera prima (e chissà se ultima). Un “abuso di esibito compiacimento sentimentale” lo definisce senza mezzi termini Gabriele Niola di Mymovies.it. “Perché dietro ogni momento smielato compare l’ombra dell'autore, il suo nome e la sua storia ingombranti che a tratti escono anche nelle interviste (più di un intervistato lo chiama per nome) e che sono parte del rimosso maggiore di questo film che rievoca il passato mancando sempre di inscrivere in esso il rapporto che stringe con l'attualità”.

Un'mmagine del documentario
Di questo docufilm c’è anche chi parla in modo asettico. Perché Veltroni sarebbe riuscito con efficacia, attraverso gli occhi di Berlinguer che balzano dal grande schermo e con l'andare del tempo denunciano la tristezza per la rovina di un'intera nazione, a disegnare la parabola che portò a quel “terribile inverno, fatto di disperazione sociale e violenza politica”, come dice lo stesso regista. “Un tempo di sangue e di odio, che culminò con il rapimento di Aldo Moro”.  Non solo passato, tuttavia, ma anche uno sguardo al futuro, come rileva Mario Ajello de Il Messaggero  (...), una “elegia e insieme il tentativo di riaffermazione per immagini - stupende quelle in bianco e nero girate da Veltroni in cui si vede piazza San Giovanni vuota dopo il funerale del leader il 13 giugno ’84 e l'unico movimento nella desolazione di un'esperienza che aveva promesso tanto sono le prime pagine dell’Unita con su scritto ‘Addio’ e volano chissà dove senza ricongiungersi mai in una nuova comunità politica vera, come avremmo scoperto - di un'idea di politica e di democrazia che si basa su quella sorta di connessione sentimentale tra partito e popolo, tra la sinistra e gli italiani”.

Berlinguer durante un comizio
A descrivere le immagini del film la voce fuori campo dello stesso neo-cineasta che non si fa remore né si nasconde nel dipingere Enrico Berlinguer come una vera “star” della politica, un “vincente”, scrive di nuovo Gabriele Niola. Grazie a testimonianze uniche e a immagini di repertorio quantomeno rare, a partire dalle vittorie per finire con il “ribellismo”, Veltroni “dipinge Berlinguer principalmente come un ribelle, un innovatore solitario, coraggiosissimo – scrive ancora Niola - capace di ribellarsi al soviet, di negare moltissimi assunti fondamentali del comunismo e di farlo senza perdere nemmeno un voto, anzi aumentando in maniera impressionante il proprio seguito”. Giudizio unanimemente positivo per il film di Walter Veltroni da parte dei molti registi e attori presenti alla proiezione in anteprima all'Auditorium Parco della Musica di Roma. Tra gli altri Francesco Rosi e il premio Oscar, Paolo Sorrentino, che alla fine della serata si è complimentato personalmente con l'ex primo cittadino della Capitale. Per quanto mi riguarda, lo attendo al primo passaggio in tv.

Stefano Marzetti

giovedì 20 marzo 2014

“Divergent” è lanciato sulle orme di “Twilight” (con trailer)

La locandina
Scheda del film
Un film di Neil Burger. Con Shailene Woodley, Kate Winslet, Maggie Q, Zoë Kravitz, Ansel Elgort, Jai Courtney, Theo James, Ray Stevenson, Miles Teller, Ben Lamb, Ben Lloyd-Hughes, Christian Madsen, Mekhi Phifer, Amy Newbold, Ashley Judd, Tony Goldwyn. Azione/fantastico, Usa 2014. Durata 139'. Eagle Pictures. Uscita giovedì 3 aprile 2014.

Trama del film
Tratto dal best seller di Veronica Roth, Divergent è un'emozionante avventura ambientata in un ipotetico futuro in cui la società è divisa in cinque fazioni che rappresentano ciascuna una virtù diversa. Gli adolescenti devono decidere se rimanere nella loro fazione o passare a un'altra per il resto della loro vita. Beatrice 'Tris' Prior (Shailene Woodley, nel 2011 al fianco di George Clooney nel ben riuscito Paradiso amaro) decide di fare il ‘gran salto’, una scelta che sorprende tutti. Lei e i suoi compagni di fazione devono passare attraverso un processo d’iniziazione competitivo a massimi liveli che li metterà di fronte alle implicazioni della scelta che hanno fatto. I membri della fazione sono sottoposti a test psicologici e fisici al limite della sopportazione che finiscono per trasformarli. Nel frattempo Tris nasconde un segreto: sa di essere una 'divergente', nel senso che non può essere inserita in nessuno dei gruppi esistenti. Quando scopre una cospirazione per eliminare tutti i divergenti, deve capire perché essere diversi è così pericoloso e temibile, prima che sia troppo tardi.

Cosa sappiamo
C'è chi lo paragona a Twilight e all'intera saga e questo non fa che accrescere l'attesa per questo film dedicato, soprattutto a un pubblico giovanile. Un accostamento da brivido che fa sobbalzare le casse della Eagle Pictures e brillare gli occhi al regista americano del Connecticut, Neil Burger (godibile il suo The Illusionist - L'illusionista del 2006, grazie anche al sempre straordinario Edward Norton). Come riporta Filippo Magnifico di blog.screenweek.it - molti “sono già pronti a definirlo il nuovo Hunger Games, dato che la saga letteraria a cui il film si ispira, scritta da Veronica Roth, è molto spesso stata accostata a questo nome”.

redazione

Il più bello di stasera sul ‘digitale’: Rai Movie alle 21,15 (con trailer)

La locandina
La febbre del sabato sera

Scheda del film
Un film di John Badham. Con Barry Miller, John Travolta, Karen Gorney, Joseph Cali, Fran Drescher, Paul Pape, Donna Pescow, Bruce Ornstein, Julie Bovasso, Martin Shakar, Denny Dillon, Sam Coppola, Donna Perscow, Nina Hansen, Lisa Peluso, Bert Michaels. Titolo originale: Saturday Night Fever. Drammatico, Usa 1977. Durata 119'.

Trama del film
Dal carattere estroverso ma impulsivo e superficiale, Tony (John Travolta) lavora in un negozio di vernici e frequenta un gruppo di connazionali che insieme non perdono l'occasione per compiere bravate, approfittare della loro amica ingenua Annette (Donna Perscow) e accendere risse con delle bande rivali, primi tra tutti dei portoricani che hanno picchiato un loro amico. Tony ha un solo, grandissimo talento: il ballo in discoteca, dove non conosce rivali e si guadagna il rispetto dei coetanei e l'ammirazione delle donne, pur non approfittandone sessualmente. Nella scuola di ballo che frequenta, Tony conosce Stephanie Mangano (Karen Gorney), anch'essa italo-americana ma più matura e volitiva. Stephanie vive a Manhattan e si barcamena come giornalista. Nonostante le differenze di età e di carattere, i due si avvicinano e iniziano una frequentazione più o meno regolare per partecipare a una gara di ballo della discoteca 2001 Odyssey, in cui Tony balla il sabato sera. Dopo varie vicissitudini, la coppia si esibisce nella memorabile scena sulle note di More than a woman dei Bee Gees, icona dello stesso film.

Breve commento
Il film si regge in gran parte su una straordinaria interpretazione di John Travolta, che oltre a mostrare le eccellenti qualità di ballerino, fa capire di non essere da meno come attore vero e proprio. L’intensità del suo sguardo in questo lungometraggio che catalogare come commedia è, a mio avviso, un errore grossolano (anche se nelle schede ufficiali è spesso commesso), consente allo spettatore di percepire in continuazione il cambio di registro della narrazione. Dagli entusiasmi del personaggio principale alle sue paure, alle sue delusioni e alle sue esplosioni di rabbia. Emozioni che danno la cadenza all’intera vicenda.

John Travolta nei panni di Tony Manero
Lo script e la scenografia ricostruiscono alla perfezione il periodo storico in cui è stata girata la pellicola e mostrano le diverse sfaccettature della società americana degli anni Settanta. Lo strato sociale prevalente cui fa riferimento l’oggi 74enne regista britannico John Badham (autore in seguito di apprezzati film come, ad esempio, Minuti contati del 1995 con Christopher Walken e un giovane Johnny Depp) è quello che comprende una gioventù con pochissime possibilità di esaudire i propri sogni, la cui ostinazione di solito si scontra con la cruda realtà della vita.

Il successo di quest’opera divenuta un cult ormai da moltissimi anni, è in modo smisurato dovuto a una delle più belle e conosciute colonne sonore della storia del cinema e della musica mondiale. Quasi tre generazioni, senza soluzione di continuità, hanno fatto propri pezzi dell’album Saturday Night Fever dei mitici Bee Gees di cui è tutt’oggi in vita il solo Barry Gibb, classe 1946, unico rimasto del terzetto, essendo scomparsi prematuramente i fratelli Maurice e Robin. Inconfondibili, in particolare, pezzi come Stayin' Alive, How Deep Is Your Love e Night Fever.

Stefano Marzetti

Il più bello di stasera sul ‘digitale’: Rai Movie alle 21,15 (con trailer)

La locandina
La febbre del sabato sera

Scheda del film
Un film di John Badham. Con Barry Miller, John Travolta, Karen Gorney, Joseph Cali, Fran Drescher, Paul Pape, Donna Pescow, Bruce Ornstein, Julie Bovasso, Martin Shakar, Denny Dillon, Sam Coppola, Donna Perscow, Nina Hansen, Lisa Peluso, Bert Michaels. Titolo originale: Saturday Night Fever. Drammatico, Usa 1977. Durata 119'.

Trama del film
Dal carattere estroverso ma impulsivo e superficiale, Tony (John Travolta) lavora in un negozio di vernici e frequenta un gruppo di connazionali che insieme non perdono l'occasione per compiere bravate, approfittare della loro amica ingenua Annette (Donna Perscow) e accendere risse con delle bande rivali, primi tra tutti dei portoricani che hanno picchiato un loro amico. Tony ha un solo, grandissimo talento: il ballo in discoteca, dove non conosce rivali e si guadagna il rispetto dei coetanei e l'ammirazione delle donne, pur non approfittandone sessualmente. Nella scuola di ballo che frequenta, Tony conosce Stephanie Mangano (Karen Gorney), anch'essa italo-americana ma più matura e volitiva. Stephanie vive a Manhattan e si barcamena come giornalista. Nonostante le differenze di età e di carattere, i due si avvicinano e iniziano una frequentazione più o meno regolare per partecipare a una gara di ballo della discoteca 2001 Odyssey, in cui Tony balla il sabato sera. Dopo varie vicissitudini, la coppia si esibisce nella memorabile scena sulle note di More than a woman dei Bee Gees, icona dello stesso film.

Breve commento
Il film si regge in gran parte su una straordinaria interpretazione di John Travolta, che oltre a mostrare le eccellenti qualità di ballerino, fa capire di non essere da meno come attore vero e proprio. L’intensità del suo sguardo in questo lungometraggio che catalogare come commedia è, a mio avviso, un errore grossolano (anche se nelle schede ufficiali è spesso commesso), consente allo spettatore di percepire in continuazione il cambio di registro della narrazione. Dagli entusiasmi del personaggio principale alle sue paure, alle sue delusioni e alle sue esplosioni di rabbia. Emozioni che danno la cadenza all’intera vicenda.

John Travolta nei panni di Tony Manero
Lo script e la scenografia ricostruiscono alla perfezione il periodo storico in cui è stata girata la pellicola e mostrano le diverse sfaccettature della società americana degli anni Settanta. Lo strato sociale prevalente cui fa riferimento l’oggi 74enne regista britannico John Badham (autore in seguito di apprezzati film come, ad esempio, Minuti contati del 1995 con Christopher Walken e un giovane Johnny Depp) è quello che comprende una gioventù con pochissime possibilità di esaudire i propri sogni, la cui ostinazione di solito si scontra con la cruda realtà della vita.

Il successo di quest’opera divenuta un cult ormai da moltissimi anni, è in modo smisurato dovuto a una delle più belle e conosciute colonne sonore della storia del cinema e della musica mondiale. Quasi tre generazioni, senza soluzione di continuità, hanno fatto propri pezzi dell’album Saturday Night Fever dei mitici Bee Gees di cui è tutt’oggi in vita il solo Barry Gibb, classe 1946, unico rimasto del terzetto, essendo scomparsi prematuramente i fratelli Maurice e Robin. Inconfondibili, in particolare, pezzi come Stayin' Alive, How Deep Is Your Love e Night Fever.

Stefano Marzetti

Due ‘iene’ in “Amici come noi” (con trailer)

La locandina
Scheda del film
Un film di Enrico Lando. Con Pio D'Antini, Amedeo Grieco, Alessandra Mastronardi, Maria Di Biase, Alessandra Sarno, Annarita del Piano, Giovanni Mancini, Nicola Valenzano, Mimmo Mancini, Mariela Garriga, Mohamed Zouaoui, Massimo Popolizio. Commedia, Ita 2014. Durata 90'. Medusa. Uscita giovedì 20 marzo 2014.

Trama del film
La storia racconta di due cari amici, Pio e Amedeo, uniti dalla passione per il calcio (Amedeo gioca nella squadra locale del Real Zapponeta ma sogna di giocare nel grande Milan) e soci in un business alquanto bizzarro di pompe funebri. Pio, ragazzo con la testa sulle spalle, è in procinto di sposare Rosa (Alessandra Mastronardi), ma scopre durante la festa di addio al celibato che sul web gira un video piccante che ha per protagonista la sua amata. Amedeo, spirito ribelle, un po’ spiantato e donnaiolo, di fronte a questa batosta convince Pio a fuggire da Foggia. Inizia così un viaggio on the road che catapulta i due protagonisti in realtà lontane anni luce dai ritmi compassati della provincia. Dalle feste sfarzose della Roma bene a casa dell’eccentrico zio di Amedeo (Massimo Popolizio), dove sono messi alla berlina vizi, manie e leggerezze dell’alta società, alla Milano da bere versione terzo millennio, nel pieno della sfolgorante vita dei calciatori, nella quale i due protagonisti proveranno a calarsi tra una cena da Giannino e una capatina nelle discoteche dei vip.

Tema del film
La mia impressione, a leggerne qua e là sul web, è che di Amici come noi si potesse fare abbondantemente a meno. Perché, seppure sia senza dubbio affiatata la coppia formata dai pugliesi Pino D’Antini e Amedeo Grieco, salita alla ribalta della comicità nazionale grazie al programma Le iene e ad alcune apparizioni a Zelig, di cabarettisti prestati al cinema io ne ho abbastanza. Va detto, in tutta onestà, che molti esperimenti sono riusciti bene, a volte addirittura benissimo. Come nel caso di un ottimo attore qual è Antonio Albanese (mi basta citare La lingua del santo del 2000 e Questione di cuore del 2008, oltre a un’attività teatrale più che apprezzata), lanciato dalla storica Mai dire gol; o a Ficarra e Picone (divertente il loro esordio da protagonisti in Nati stanchi nel 2002), punte di diamante di Zelig; e ancora Alex e Franz (buono Mi fido di te nel 2006), anche loro mattatori di Zelig; e più che bene è andata a Checco Zalone (sempre Zelig), con i successi di Cado dalle nubi (2009), Che bella giornata (2011) e il recentissimo Sole a catinelle (2013). Gli esempi potrebbero continuare, facendo su e giù nel livello di qualità. A naso stavolta si rischia la boiata.

          Pio D'Antini e Amedeo Grieco in una scena di Amici come noi
Come sempre i pareri sono discordanti. C’è chi il film, seppure con una sufficienza striminzita, lo promuove. È il caso di Pietro Ferraro di Cineblog, che mette in rilievo la capacità di D’Antini e Grieco di riprendere il film per i capelli nei momenti in cui la sceneggiatura fa acqua, grazie alla loro intesa e al ritmo proprio del cabaret. Ma ho l’impressione che, anche in questo senso, siamo nel ‘già visto’. Intendo che a mio avviso non basta il ‘mestiere’ dei due protagonisti per considerare un film accettabile. Però non l’ho visto (e al cinema non andrò certo a vederlo), quindi devo essere più cauto nel fare processi alle intenzioni. Fermo restando che con Amici come noi (regia di Enrico Lando, autore degli inguardabili/disastrosi I soliti idioti del 2011 e I due soliti idioti del 2012) più in là di tanto non ci si può spingere, “siamo di fronte – scrive lo stesso Ferraro - ad un esordio che promette quel che mantiene e non pretende nulla più che intrattenere senza particolari eccessi da trivio e con una goliardia divertente e divertita”.

Una parte nel film anche
per la bella Alessandra Mastronardi
Un po’ più severa l’opinione di Paola Casella su Mymovies, che conferma quanto io stesso ho subito pensato quando un po’ di tempo fa appresi del progetto di realizzare questa pellicola. Gag banali e ripetitive, nel senso di sfruttate come un pezzo di carne usato solo per fare il brodo, che per fortuna hanno il buon gusto di non scadere nella volgarità burina, gratuita e nauseante dei due precedenti lavori del 47enne cineasta padovano. A salvare Amici come noi, secondo Casella, è in particolare Amedeo Grieco, che la collega paragona addirittura all’Eddie Murphy di un capolavoro comico qual è Una poltrona per due del lontano 1983 (davvero un bel coraggio ad azzardare un parallelismo all’apparenza surreale). “All'interno di una confezione filmica improbabile – spiega Casella - improntata alla pura ricerca del successo di cassetta, Grieco riesce a trasmettere una personalità insopprimibile e una componente carismatica, pur restando entro i confini della più tradizionale (e trita) macchietta del ‘trucido terrone’”. Come suddetto, io passo alla grande.

Stefano Marzetti

Film consigliati per questo week end (21-22-23/03/2014)


Alla fine della seconda guerra mondiale, Jimmy Picard, nativo americano della tribù dei Blackfoot, che ha combattuto in Francia, è ricoverato all’ospedale militare Topeka in Kansas, un istituto specializzato in malattie mentali. Jimmy soffre di numerosi sintomi: vertigini, cecità temporanea, perdita di udito. In mancanza di una causa fisiologica, la diagnosi è schizofrenia. Tuttavia la direzione dell’ospedale decide di consultare Georges Devereux, un antropologo francese, psicoanalista ed esperto in cultura dei nativi americani. Jimmy P. è la storia dell’incontro e dell’amicizia tra due uomini che non si sarebbero mai incrociati in circostanze normali e che in apparenza non hanno nulla in comune. Insieme intraprendono l’esplorazione della memoria e dei sogni di Jimmy, un esperimento che conducono come due investigatori e con crescente complicità.

La scheda
Un film di Arnaud Desplechin. Con Benicio Del Toro, Mathieu Amalric, Gina McKee, Larry Pine, Joseph Cross, Elya Baskin, Gary Farmer, Michelle Thrush, Misty Upham, Jennifer Podemski, Michael Greyeyes, A. Martinez. Drammatico, Usa 2013. Durata 114'. Bim. Uscita giovedì 20 marzo 2014.

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Il 13 giugno 2013 è una giornata qualsiasi ma è anche una giornata diversa da tutte le altre. Oggi Giacomo, il figlio più piccolo di Ettore e Lara, ha gli orali degli esami di terza media. Se fosse un'altra famiglia, questa sarebbe l'occasione per stare tutti insieme a incoraggiare e sostenere il ragazzino. Non è però il caso dei nostri quattro, perché il padre e la madre di Giacomo, sua sorella Emma, ventenne, insieme non riescono a stare. E come se non bastasse in questo giorno, oltre alle tensioni familiari, ognuno di loro dovrà affrontare una sua piccola, grande sfida personale. Il tutto nella cornice di una Roma abbacinante e soffocante, sotto il sole di una giornata di inizio estate.

La scheda
Un film di Francesco Bruni. Con Ksenia Rappoport, Fabrizio Gifuni, Lucrezia Guidone, Francesco Bracci, Raffaella Lebboroni, Milena Vukotic, Gianluca Gobbi, Giulia Li Zhu Ye Commedia, Ita 2014. Durata 90'. 01 Distribution. Uscita giovedì 20 marzo 2014.

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Tom Selznick è un giovane e talentuoso pianista ritiratosi dalle scene da anni a causa di un attacco di fobia da palcoscenico. Nel momento in cui si appresta a dare il via al concerto che segnerà il suo attesissimo ritorno sulla scena, Tom trova scritto sul suo spartito il messaggio “Sbaglia una nota e morirai”. Seduto al pianoforte, il giovane pianista è così costretto a suonare un brano difficilissimo e, allo stesso tempo, a cercare di smascherare il cecchino che gli parla attraverso l'auricolare.

La scheda
Un film di Eugenio Mira. Con John Cusack, Elijah Wood, Allen Leech, Kerry Bishé, Tamsin Egerton, Dee Wallace, Alex Winter, Don McManus, Don Kress, Mino Mackic, Christopher Kahler, Benjamin, Nathan-Serio, Jim Arnold, Rachel Arieff, Julius Cotter, Joe Lewis, Jose Mellinas, Joshua Zamrycki, Beth Trollan, Brian Lehane, Chris Bobrowski, Andrew Moczarnik, Jeff Sealy, Eric Golden Titolo originale Grand Piano. Thriller, Spa 2013.  M2 Pictures. Uscita giovedì 20 marzo 2014.

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L’impostore – The Imposter (2012)

La storia de L’impostore – The Imposter, complessa e ricca di colpi di scena, ha inizio con l’inquietante scomparsa del tredicenne Nicholas Barclay, un giovane ragazzo texano che sparisce da casa senza lasciare alcuna traccia. Tre anni dopo, una notizia sconvolgente: il ragazzo è stato ritrovato in Spagna, a migliaia di chilometri dalla sua casa e dice di essere sopravvissuto a un incredibile rapimento e alle torture di misteriosi aguzzini. La famiglia non vede l’ora di riabbracciarlo, nonostante le circostanze del ritrovamento siano alquanto strane. Ma la situazione si fa ancora più strana una volta tornato nel Texas. Nonostante l’accettazione della famiglia, il ritrovato Nicholas suscita numerosi interrogativi. Com’è possibile che alcuni dettagli dell'aspetto di Nicholas – carnagione, colore degli occhi e dei capelli – siano radicalmente cambiati, così come certi tratti della sua personalità e il suo accento? E perché la famiglia sembra non accorgersi di queste differenze? E se Nicholas non è davvero Nicholas... allora chi è? E cosa è successo realmente al ragazzo?

La scheda
Un film di Bart Layton. Titolo originale The Imposter. Documentario,  durata 99 min. - Gran Bretagna 2012. - Feltrinelli Real Cinema  uscita giovedì 20 marzo 2014.

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Amici come noi (2014)

La storia racconta di due cari amici Pio e Amedeo, uniti dalla passione per il calcio (Amedeo gioca nella squadra locale del Real Zapponeta ma sogna di giocare nel grande Milan) e soci in un business alquanto bizzarro di pompe funebri. Pio, ragazzo con la testa sulle spalle, è in procinto di sposare Rosa (Alessandra Mastronardi), ma scopre durante la festa di addio al celibato che sul web gira un video piccante che ha per protagonista la sua amata. Amedeo, spirito ribelle, un po’ spiantato e donnaiolo, di fronte a questa batosta convince Pio a fuggire da Foggia. Inizia così un viaggio on the road che catapulta i due protagonisti in realtà lontane anni luce dai ritmi compassati della provincia. Dalle feste sfarzose della Roma bene a casa dell’eccentrico zio di Amedeo (Massimo Popolizio), dove sono messi alla berlina vizi, manie e leggerezze dell’alta società, alla Milano da bere versione terzo millennio, nel pieno della sfolgorante vita dei calciatori, nella quale i due protagonisti proveranno a calarsi tra una cena da Giannino e una capatina nelle discoteche dei Vip.

La scheda
Un film di Enrico Lando. Con Pio D'Antini, Amedeo Grieco, Alessandra Mastronardi, Maria Di Biase, Alessandra Sarno, Annarita del Piano, Giovanni Mancini, Nicola Valenzano, Mimmo Mancini, Mariela Garriga, Mohamed Zouaoui, Massimo Popolizio. Commedia, Ita 2014. Durata 90'. Medusa. Uscita giovedì 20 marzo 2014.

redazione