martedì 18 marzo 2014

“La sedia della felicità” per l’ultimo saluto a Mazzacurati (trailer)

La locandina
Scheda del film
Un film di Carlo Mazzacurati. Con Valerio Mastandrea, Isabella Ragonese, Fabrizio Bentivoglio, Silvio Orlando, Antonio Albanese, Giuseppe Battiston. Commedia, Ita 2013. 01 Distribution. Uscita giovedì 24 aprile 2014.

Trama del film
Un tesoro nascosto in una sedia, un’estetista e un tatuatore che, dandogli la caccia, s’innamorano, un misterioso prete che incombe su di loro come una minaccia. Dapprima rivali, poi alleati, i tre diventano protagonisti di una rocambolesca avventura che, tra equivoci e colpi di scena, li vedrà lanciati all’inseguimento dai colli alla pianura, dalla laguna veneta alle cime nevose delle Dolomiti, dove in una sperduta valle vivono un orso e due fratelli.

Tema del film
Per questa sua ultima fatica, che arriverà postuma sul grande schermo, il magistrale regista veneto Carlo Mazzacurati (Padova, 2 marzo 1956 – Padova, 22 gennaio 2014) già da tempo gravemente ammalato, forse proprio prevedendo di non arrivare al rivedere il suo film in sala, ha deciso di restare fedele al tema a lui più caro, quello delle persone che nel momento più buio della loro esistenza inseguono la grande opportunità per una svolta che ne cambi improvvisamente il destino. È, in poche parole, ciò che chi ha già visto La sedia della felicità, ha riscontrato nel lungometraggio basato sulla sceneggiatura scritta a sei mani dallo stesso Mazzacurati, con Doriana Leondeff e Marco Pettenello. Così come a restare la stessa è l’ambientazione, cioè la terra d’origine di questo artista, il Veneto appunto, quel Nord-Est una volta ‘locomotiva’ economica d’Italia ma oggi anch’esso colpito in modo doloroso dalla depressione.

Carlo Mazzacurati giovane cineasta. Alle sue spalle
il collega romano Nanni Moretti (foto Corriere.it)
Una depressione che, è ovvio, non bastona solo il benessere della gente, ma come conseguenza ne va a ferire anche la tenuta psicologica, instillando il terrore sempre più forte della solitudine. Nonostante i cardini dell’opera siano questi, il cineasta padovano ha provato e, pare, con successo, una narrazione ritmata anche sull’allegria. Il film, per questo, sarebbe più leggero della vicenda che racconta. Ciò non toglie che Mazzacurati si confermi un maestro nel cogliere “ancora una volta le contraddizioni esistenziali – scrive Marzia Gandolfi di Mymovies.it - trasfigurandole e deformandole in una rapsodia dominata dal caso, per caso avvengono gli incontri, gli abbandoni, le rivelazioni, i ritrovamenti”. Insomma, sembra proprio che per quest’ultima volta, si possa ancora sperare in un film intriso di una toccante, fiduciosa malinconia, come accadde in una pellicola che io amo particolarmente, La lingua del santo (2000), in cui, come stavolta, recitarono due attori di razza quali Fabrizio Bentivoglio e Antonio Albanese (per quanto riguarda quest’ultimo, lo preferisco di gran lunga quando si tiene lontano dalle buffonate). Anche il resto del cast - basta leggere la scheda – impreziosisce l’opera. Credo proprio che darò fiducia a La sedia della felicità.


Albanese e Bentivoglio in una scena de La lingua del santo
Carlo Mazzacurati negli anni Settanta fu tra i primi studenti a frequentare il Dams (Discipline arte, musica e spettacolo) di Bologna e nel 1979, grazie a un'eredità, riuscì a girare il suo primo lungometraggio, Vagabondi, con il quale nel 1983 partecipò al festival milanese Filmmaker vincendo un premio di distribuzione offerto dalla Gaumont. Tuttavia, di lì a breve, la Gaumont venne smobilitata e il film non riuscì a uscire nelle sale. Da quel momento sono state tante le pellicole alle quali Mazzacurati ha lavorato, sia come regista sia come sceneggiatore (e in alcuni casi anche come attore). Il prete bello (1989), Un'altra vita (1992), L'unico paese al mondo (1994), Il toro (1994), Vesna va veloce (1996), L'estate di Davide (1998), La lingua del santo (2000, come suddetto) per citare solo alcune delle opere da lui dirette, fino alle più recenti, il documentario Medici con l'Africa del 2012 e, appunto, il film che ho voluto presentare con questo articolo. Una «storia assurda», l’ha definita lo stesso regista in un'intervista della scorsa estate, sul set in Val di Fassa, «un misto fra commedia pazzesca e commedia sentimentale, per questo il titolo provvisorio La regina della neve richiama un registro fiabesco, in qualche modo questa dimensione di fiaba attraversa tutto il film».

Stefano Marzetti 

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