mercoledì 28 maggio 2014

“Il pianeta delle scimmie - Revolution”, un’apocalisse anche per gli scimpanzé

La locandina
Mia previsione: ♥♥♥ = 7

La scheda
Un film di Matt Reeves. Con Gary Oldman, Kirk Acevedo, Judy Greer, Angela Kerecz, Keri Russell, Andy Serkis, Jason Clarke, Toby Kebbell, Kodi Smit-McPhee, Kevin Rankin, Keir O'Donnell, Terry Notary, Larramie Doc Shaw, Enrique Murciano, J.D. Evermore, Karin Konoval, Christopher Berry, Steven Wiig, John L. Armijo, Lombardo Boyar, Lee Ross, Lucky Johnson, Alaine Huntington, Mustafa Harris, Michelle DeVito, Jazzy Ellis, Mahal Montoya, Rebekah Jean Morgan, Joseph Uzzell, Matthew James, Edward J. Clare, Timothy Wyant, Richard King, Jon Arthur, Jocko Sims, Bobby Kerecz, Elton LeBlanc, Al Vicente, Joseph Fischer, Connie Jo Sechrist, Anthony A. Kung, Cynthia LeBlanc, Kerry Sims, Timothy Pickles. Titolo originale: Dawn of the Planet of the Apes. Azione/fantastico, Usa 2014. 20th Century Fox. Uscita: mercoledì 30 luglio 2014.

La trama
Il film è ambientato quindici anni dopo gli eventi del primo episodio ed è incentrato su un gruppo di scienziati che stanno cercando di sopravvivere a San Francisco, mentre Caesar cerca di mantenere il controllo sul regno delle scimmie, ormai geneticamente evolute. Le scimmie sono minacciate da un gruppo di umani sopravvissuti al virus devastante rilasciato una decade prima. Dopo aver raggiunto una pace precaria ed effimera, la guerra tra le due fazioni si riaccende, in modo da determinare quale sia la vera specie dominante della Terra.

Recensione dal trailer
Il regista Matt Reeves
Il genere apocalittico da anni è talmente di moda che adesso è annesso a film già in partenza fantascientifici. Epidemie micidiali decimano le popolazioni. Siamo abbondantemente dalle parti di, ad esempio, Io sono leggenda (2007, di Francis Lawrence, con un impareggiabile Will Smith) o, anche, ma con risultati assai meno lusinghieri, vicini a Virus letale (1995, di Wolfgang Petersen, con Morgan Freeman, Donald Sutherland e Dustin Hoffman). In Il pianeta delle scimmie - Revolution a dover tentare di sopravvivere sono due specie diverse di abitanti. Uno spunto della fabula senza dubbio originale.

Il tentativo di 'avvicinamento' tra scimmie e uomini
La fotografia nitida della pellicola è magnetica e aiuta il lavoro del regista di Rockville Centre (New York, Usa) Matt Reeves (non male il suo horror Blood Story nel 2010). Unita alla perfetta realizzazione delle scenografie, intrappola l’attenzione sin dalle prime scene. Non ci si aspettino colpi di genio nella fase di montaggio. I risultati della computer-grafica, però, sono perlopiù vicini alla perfezione ed è esuberante il divario visivo con gran parte dei prequel di quest’opera. Ricordiamoli: nel 1968 Il pianeta delle scimmie, racconto filmico straordinario per quell’epoca, impreziosito da un cast notevole in cui spiccavano gli ormai scomparsi James Whitmore e Charlton Heston; da quella storica realizzazione filmica prese il via una corposa serie di sequel compresi tra il 1970 e il 1973, per giungere poi ai giorni nostri con il notevole remake del 2001 dall’identico titolo, firmato da Tim Burton con un cast stellare in cui spiccavano Mark Wahlberg, Tim Roth, Helena Bonham Carter e Paul Giamatti. Poi nel 2011 il valido reboot di Rupert Wyatt (una filmografia esigua la sua, in cui val la pena segnalare giusto Prison Escape, 2008, con Brian Cox e Joseph Fiennes), L’alba del pianeta delle scimmie. Già lì gli effetti speciali giocarono un ruolo di spicco per la riuscita del film.


L'inizio di un'inevitabile guerra tra le due specie
Abbandonata la Terra, anche su altri pianeti l’uomo si ritrova impegnato in una gara di sopravvivenza, come ormai siamo stati abituati a vederglielo fare in decine di pellicole, alcune d’indiscutibile valore. Si aggira, guardingo, spaventato, pronto a uccidere. La legge è quella, inevitabile, del mors tua vita mea. Lo stesso fanno gli abitanti originari del corpo celeste violato e destabilizzato. Essi, inoltre, si ribellano. S’indignano di fronte a quella che è una colpa dell’umano.

Jason Clarke in una scena de Il pianeta delle scimmie - Revolution
Le scimmie entrano sempre più in contatto con l’uomo invasore. Le inquadrature di Reeves mettono a fuoco questi uomini/bestia che affascinati rigirano tra le mani gli oggetti dell’usurpatore della loro Terra. Dagli sguardi ‘umani’ delle scimmie - pur nella tragedia cui sono state gettate - in alcune circostanze emerge un senso quasi di ammirazione nei confronti di quello che per loro resta comunque il nemico. Nel rapporto reciproco si ha, a tratti, l’impressione che il regista richiami anche le sensazioni di Gorilla nella nebbia (1988, di Michael Apted, con un'abbastanza convincente Sigourney Weaver), anche se qui si parla di scimpanzé. Soprattutto quando fra le due specie è raggiunto un accordo per il bene comune. Qui emerge un’altra banalità della sceneggiatura, che inserisce l’ordinario e petulante contrapposto tra la parte predisposta a un sodalizio e i cattivi che non danno spazio ad alcun accordo. Decisi solo a fare la guerra. Quella guerra che sembra essere prerogativa inalienabile dell’animo umano. Decisivo, comunque, per il ‘salvataggio’ di queste parti nella concatenazione del racconto filmico, la personalità attoriale di un ‘campione’ come il protagonista Gary Oldman, che già altre volte ha incarnato villain con ottimi risultati. Bene anche il co-protagonista Jason Clarke.

Gary Oldman, protagonista del film di Matt Reeves
Un film dal ritmo serrato in cui si mescolano thriller e azione senza un attimo di sosta. L’attenzione dello spettatore non dovrebbe mai essere in pericolo e le interpretazioni di attori, molti dei quali non di fama eminente, sono a sufficienza convincenti da garantire l’immedesimazione di chi guarda. Certo, non ci si può aspettare un ‘mai viso e mai sentito’. I dialoghi sono piuttosto triti e ordinari. Difetto che, a tratti, annoia e mette seriamente a rischio la credibilità del tutto, considerata anche la componente fantastica di base. Opera cinematografica, comunque, senza dubbio interessante (nonostante le piattezze succitate) soprattutto per gli effetti speciali. Il finale è apertissimo, con una serie di dettagli e domande senza risposta che preludono quasi con certezza a un terzo film di questa nuova saga.

Stefano Marzetti

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