venerdì 30 maggio 2014

Nel reale-illusorio “The Congress”, attori scansionati e utilizzati a vita dagli studios

La locandina
Valutazione media: ♥♥♥♥ = 8

La scheda
Un film di Ari Folman. Con Robin Wright, Harvey Keitel, Jon Hamm, Paul Giamatti, Kodi Smit-McPhee, Danny Huston, Kodi Smit-McPhee, Sami Gayle, Michael Landes, Sarah Shahi, Ed Corbin, Michael Stahl-David. Titolo originale: The Congress. Fantascienza, Isr/Ger/Pol/Lus/Fra/Bel 2013. Durata 85' circa. Wider Films: uscita giovedì 12 giugno 2014.

La trama
Robin Wright, che interpreta se stessa, riceve da un grande Studio l'offerta di vendere la sua identità cinematografica: verrà scansionata e di lei verrà creato un campione così che lo Studio possa utilizzare la sua immagine a piacimento in qualsiasi tipo di film di Hollywood, anche i più commerciali da lei in precedenza spesso rifiutati. In cambio, Robin riceverà una cospicua somma di denaro, ma soprattutto, lo Studio promette di mantenere il suo alias digitale per sempre giovane - per l'eternità - in ogni film. Il contratto ha una validità di vent'anni. È a questo punto che Robin viene catapultata in un mondo animato; tutti i divi che come lei si sono fatti scansionare, si riuniscono al Congresso di Futurologia dove viene presentata la formula chimica che dà la possibilità di assumere molteplici identità. Tratto dal romanzo fantasy scritto nel '71 da Stanislaw Lem (The futurogical congress).

Critica – Rassegna stampa
“(...) È un film parecchio discontinuo, The Congress - scrive Gabriele Capolino di Cine Blog - molto meno compatto dell’opera precedente. Diviso in tre parti (live action, animazione e ancora live action, più il finale), il film trova il suo momento più faticoso proprio nella sezione del congresso, dove ne succedono di tutti i colori: ma è la sceneggiatura a mettere a dura prova. Non infastidiscono affatto le linee e le geometrie perfette dei disegni, i colori pantone, le figure assurde e gli animali di ogni tipo ispirati ai fratelli Fleischer, anzi (...) Però a The Congress vanno riconosciuti dei grandi meriti: innanzitutto perché è cinema liberissimo, e che quindi si prende dei rischi non da poco (…) tira fuori anche all’interno del suo discorso meta-cinematografico - rileva ancora Capolino - il concetto di libera scelta, toccando il cuore nel finale (fondamentale a livello emotivo è il supporto della musica, scritta come sempre dal bravissimo Max Richter)”.


Un'immagine del film The Congress con Robin Wright
“(...) Ispirato alle pagine di The Futurological Congress di Stanislaw Lem - si legge nella recensione di Tiziana Morganti di Movie Player - il regista, però, decide di andare oltre la base del romanzo per costruire una critica ai vizi pubblici della nostra epoca utilizzando il mezzo cinematografico in tutte le sue possibilità tecniche, visive, narrative e introspettive. Costruendo l'intera architettura del suo racconto sulla contrapposizione di un universo reale ad uno puramente illusorio e indotto, Folman decide di utilizzare come voce guida, un’attrice che, attraverso una femminilità allo stesso tempo dolce e struggente, si candida ad essere la vittima predestinata di una società dedita all’adorazione 
Il regista
Ari Folman
dell’immagine. Così
Robin Wright accetta d’interpretare se stessa come simbolo di un’umanità in declino. Attrice troppo ‘difficile’ ed emotiva, accetta la proposta della casa di produzione Miramount di essere scannerizzata con il fine di avere a disposizione un interprete perfetto, sempre a disposizione, flessibile a qualunque ruolo, sfruttabile illimitatamente e, soprattutto, privo di personalità e necessità capaci d’intralciare o frenare la realizzazione del progetto (...) proprio grazie allo studio e all’utilizzo dello stile cartoon anni Trenta - scrive sempre Morganti - il regista decide di raccontare l’evidente finzione di un mondo a tratti farsesco e totalmente destabilizzante. Un universo dove è possibile sentirsi onnipotente, affascinante, potente e invincibile ma dove la percezione di se stessi è sottoposta a una continua manipolazione fino a perdere coscienza della linea sottilissima che divide il reale da ciò che non lo è. Perché sognare può essere consolatorio e spesso necessario, ma indulgere nella menzogna è un viaggio senza ritorno verso la perdizione”.

redazione

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