Cannes, con “Adieu au Langage” di Godard a ripensare al ruolo del mezzo cinematografico
La locandina
Valutazione media: ♥♥♥♥ = 8
La
scheda
Un film di Jean-Luc Godard. Con Kamel Abdeli,
Dimitri Basil, Zoé Bruneau, Richard Chevallier, Jessica Erickson, Héloise
Godet, Alexandre Païta. Drammatico, Svi 2014. Durata 70' circa. Data d'uscita:
non stabilita.
La trama
L'idea è
semplice: una donna sposata e un uomo single si conoscono. Si amano, discutono,
volano i pugni. Un cane si aggira tra città e campagna. Passano le stagioni.
L'uomo e la donna s'incontrano di nuovo. Il cane si ritrova tra loro. L'altro è
nell'uno, l'uno è nell'altro e sono in tre. L'ex marito fa esplodere il tutto.
Un secondo film inizia, uguale al primo, ma forse no. Dalla razza umana
passiamo alla metafora. Finisce in abbai e pianti di bimbo.
Critica
– Rassegna stampa
“È il dio dei cinéphile”, scrive Anna Maria Pasetti de Il Fatto Quotidiano online. “E come tale non poteva palesarsi, decidendo di rimanere ‘rigorosamente’
assente dai clamori di Cannes. Jean-Luc Godard - come il collega Terrence
Malick - è di quei
personaggi che creano l’evento anche senza comparire. E qui Nanni
Moretti non
c’entra: l’odio per il glamour va ben
oltre il refrain ‘mi si nota di più
se vengo o non vengo’. La conferenza stampa pertanto annullata, la folla in
coda da ore per accedere all’unica proiezione di Adieu au Langage, il film
più breve del concorso (un’ora e dieci minuti) e uno dei più attesi, peraltro
in un rivoluzionario 3D. Un applauso scrosciante allo spegnersi delle luci «Lunga
vita a Jean-Luc!» tuona una voce dalla platea. Il film - come da trailer e pressbook - è altro rispetto alla cine-narrazione non solo classica
ma anche a quella del primo Godard: rimanda semmai agli ultimi suoi lavori, a Film Socialism per esempio
che fu il più recente lungo apparso sulla Croisette.
A Cannes, peraltro - ricorda Pasetti - è presente con un corto inserito nel
film a episodi I ponti di Sarajevo, in programma domani (oggi 23
maggio 2014, penultimo giorno della kermesse
cinematografica francese, ndr)”.
Il regista parigino Jean-Luc Godard
“(...) 70 minuti secchi e densi, pregni di
immagini, concetti, pensieri, monologhi, idee, e molta, moltissima ironia
tipica del regista”, rileva Gabriele Capolino di Cine Blog. "Adieu au
Langage è un ufo
totale che costringe lo spettatore a ripensare il suo ruolo e il ruolo del
mezzo cinematografico stesso, prima di prendere una posizione vera e propria nei
confronti del risultato dell’opera” Nel film “Adieu au Langage vediamo di
tutto e di più. Nella stessa inquadratura ci sono un libro che viene sfogliato
e uno smartphone touchscreen in cui
si ‘sfogliano’ delle immagini. Ci si chiede se sia ‘possibile produrre un
concetto di Africa’ o se sia possibile trovare una metafora di verità (forse
due bambini che giocano ai dadi?). Si discute sul ‘Pensatore di Rodin’ e sul
concetto di eguaglianza mentre si è in bagno a fare la cacca (...) Così si
presenta Adieu au Langage: come un montaggio di spezzoni e scene girati con diversi tipi di
videocamere poco costose, che quindi chiunque potrebbe permettersi a livello
economico. È la democratizzazione del mezzo, sia in termine di creazione sia di
fruizione. Il risultato - scrive sempre Capolino - è un film che è un continuo
interrompersi e ricominciare, in cui tutto si sovrappone e persino i suoni
vengono trattati come le immagini: interrotte, rallentate, velocizzate,
distorte”.
Il cast di Adieu au Langage sul tappeto rosso della Croisette
“(...) Se c’è una cosa abbastanza chiara in
questa ultima opera dell’autore, d’altra parte - si legge nella recensione di Screen Week - è il suo interesse costante per il dualismo, per
l’impossibilità umana di pervenire a una sintesi perfetta tra il sé e l’altro
(inteso anche come il mondo esterno). Impossibilità che è allo stesso tempo il
motivo e il limite intrinseco di ogni forma di linguaggio e di ogni organizzazione
sociale in genere. Inutile tuttavia pretendere di riassumere così a caldo le
implicazioni di un film che contiene una vita di riflessioni: per ora ci
limitiamo a constatare il grande fascino, anche visivo, di Adieu au
Langage, che
rispetto a Film Socialisme si caratterizza per un uso ancora più pittorico ed elegante degli
‘errori’ del digitale, trasformati spesso dal regista in pure pennellate
impressioniste. Insomma - conclude Screen Week - in attesa di una vera nuova
onda capace di investire l’arte del cinema, continuiamo a ringraziare la Nouvelle
Vague e i suoi maestri”.
redazione
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