venerdì 23 maggio 2014

Cannes, con “Adieu au Langage” di Godard a ripensare al ruolo del mezzo cinematografico

La locandina
Valutazione media: ♥♥♥♥ = 8

La scheda
Un film di Jean-Luc Godard. Con Kamel Abdeli, Dimitri Basil, Zoé Bruneau, Richard Chevallier, Jessica Erickson, Héloise Godet, Alexandre Païta. Drammatico, Svi 2014. Durata 70' circa. Data d'uscita: non stabilita.

La trama
L'idea è semplice: una donna sposata e un uomo single si conoscono. Si amano, discutono, volano i pugni. Un cane si aggira tra città e campagna. Passano le stagioni. L'uomo e la donna s'incontrano di nuovo. Il cane si ritrova tra loro. L'altro è nell'uno, l'uno è nell'altro e sono in tre. L'ex marito fa esplodere il tutto. Un secondo film inizia, uguale al primo, ma forse no. Dalla razza umana passiamo alla metafora. Finisce in abbai e pianti di bimbo.

Critica – Rassegna stampa
“È il dio dei cinéphile”, scrive Anna Maria Pasetti de Il Fatto Quotidiano online. “E come tale non poteva palesarsi, decidendo di rimanere ‘rigorosamente’ assente dai clamori di Cannes. Jean-Luc Godard - come il collega Terrence Malick - è di quei personaggi che creano l’evento anche senza comparire. E qui Nanni Moretti non c’entra: l’odio per il glamour va ben oltre il refrain ‘mi si nota di più se vengo o non vengo’. La conferenza stampa pertanto annullata, la folla in coda da ore per accedere all’unica proiezione di Adieu au Langage, il film più breve del concorso (un’ora e dieci minuti) e uno dei più attesi, peraltro in un rivoluzionario 3D. Un applauso scrosciante allo spegnersi delle luci «Lunga vita a Jean-Luc!» tuona una voce dalla platea. Il film - come da trailer e pressbook - è altro rispetto alla cine-narrazione non solo classica ma anche a quella del primo Godard: rimanda semmai agli ultimi suoi lavori, a Film Socialism per esempio che fu il più recente lungo apparso sulla Croisette. A Cannes, peraltro - ricorda Pasetti - è presente con un corto inserito nel film a episodi I ponti di Sarajevo, in programma domani (oggi 23 maggio 2014, penultimo giorno della kermesse cinematografica francese, ndr)”.

Il regista parigino Jean-Luc Godard
“(...) 70 minuti secchi e densi, pregni di immagini, concetti, pensieri, monologhi, idee, e molta, moltissima ironia tipica del regista”, rileva Gabriele Capolino di Cine Blog. "Adieu au Langage è un ufo totale che costringe lo spettatore a ripensare il suo ruolo e il ruolo del mezzo cinematografico stesso, prima di prendere una posizione vera e propria nei confronti del risultato dell’opera” Nel film “Adieu au Langage vediamo di tutto e di più. Nella stessa inquadratura ci sono un libro che viene sfogliato e uno smartphone touchscreen in cui si ‘sfogliano’ delle immagini. Ci si chiede se sia ‘possibile produrre un concetto di Africa’ o se sia possibile trovare una metafora di verità (forse due bambini che giocano ai dadi?). Si discute sul ‘Pensatore di Rodin’ e sul concetto di eguaglianza mentre si è in bagno a fare la cacca (...) Così si presenta Adieu au Langage: come un montaggio di spezzoni e scene girati con diversi tipi di videocamere poco costose, che quindi chiunque potrebbe permettersi a livello economico. È la democratizzazione del mezzo, sia in termine di creazione sia di fruizione. Il risultato - scrive sempre Capolino - è un film che è un continuo interrompersi e ricominciare, in cui tutto si sovrappone e persino i suoni vengono trattati come le immagini: interrotte, rallentate, velocizzate, distorte”.

Il cast di Adieu au Langage sul tappeto rosso della Croisette
“(...) Se c’è una cosa abbastanza chiara in questa ultima opera dell’autore, d’altra parte - si legge nella recensione di Screen Week - è il suo interesse costante per il dualismo, per l’impossibilità umana di pervenire a una sintesi perfetta tra il sé e l’altro (inteso anche come il mondo esterno). Impossibilità che è allo stesso tempo il motivo e il limite intrinseco di ogni forma di linguaggio e di ogni organizzazione sociale in genere. Inutile tuttavia pretendere di riassumere così a caldo le implicazioni di un film che contiene una vita di riflessioni: per ora ci limitiamo a constatare il grande fascino, anche visivo, di Adieu au Langage, che rispetto a Film Socialisme si caratterizza per un uso ancora più pittorico ed elegante degli ‘errori’ del digitale, trasformati spesso dal regista in pure pennellate impressioniste. Insomma - conclude Screen Week - in attesa di una vera nuova onda capace di investire l’arte del cinema, continuiamo a ringraziare la Nouvelle Vague e i suoi maestri”.

redazione

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