lunedì 12 maggio 2014

Quelli che forse non avete ancora visto – “Blue Jasmine”, Woody Allen vincente con una grande Cate Blanchett

La locandina
RICONOSCIMENTI PRINCIPALI
Premio Oscar 2014: miglior attrice protagonista a Cate Blanchett;  Golden Globes 2014: migliore attrice in un film drammatico a Cate Blanchett; Premio BAFTA 2014: migliore attrice protagonista a Cate Blanchett; Satellite Awards 2014: miglior attrice a Cate Blanchett;  Empire Awards 2014: miglior film attrice non protagonista a Sally Hawkins.

Mia valutazione: ♥♥♥♥ = 8

Scheda
Un film di Woody Allen. Con Cate Blanchett, Alec Baldwin, Louis C.K., Bobby Cannavale, Andrew Dice Clay, Sally Hawkins, Peter Sarsgaard, Michael Stuhlbarg, Joy Carlin, Richard Conti, Glen Caspillo, Charlie Tahan, Annie McNamara, Daniel Jenks, Max Rutherford, Tammy Blanchard, Kathy Tong, Ted Neustadt, Andrew Long, Lauren Allan, John Harrington Bland, Leslie Lyles, Glenn Fleshler, Brynn Thayer, Christopher Rubin. Commedia drammatica, Usa 2013. Durata 98'.

La trama
Il film racconta di una donna dell'alta società newyorkese che, dopo il crollo finanziario e l'arresto del marito, si trasferisce dalla sorella a San Francisco, completamente al verde e per la prima volta costretta a fare i conti con la dura realtà delle ristrettezze economiche e la mancanza di onestà nella sua vita.

La mia recensione
Bleu Jasmine è l’ultimo film solo da regista di Woody Allen (oggi in piena lavorazione per Magic in the Moonlight con Colin Firth ed Emma Stone, il cui ingresso nelle sale non è ancora stabilito, forse entro quest'anno) e reduce dal discreto successo, come interprete, della pellicola Gigolò per caso, di e con John Turturro. Il grande cineasta di New York City, nel suo soggetto e nella sua raffinata sceneggiatura, suggerisce un tema classico dei suoi script, il tradimento, quello amoroso, descritto con minuzia di particolari con le sue traiettorie cerebrali, per lo più timori e incertezze e bugie e comportamenti sconclusionati e dannosi. Eppure il livello dettagliatamente psicologico della fabula è un po’ più basso rispetto a tanti altri suoi lungometraggi, soprattutto quelli più distanti nel tempo.


Cate Blanchett in una scena di Blue Jasmine
Il regista
Woody Allen
Ma, nonostante questo lieve scostamento dallo stile cui Allen ha abituato i sui ‘tifosi’, con Bleu Jasmine l’oggi 78enne regista di origini ebraiche, fa un salto di qualità rispetto alle ultime pellicole (frivole e a mio avviso modeste come, per esempio, Midnight in Paris, nel 2011 e il quasi risibile To Rome With Love, nel 2012). Torna comunque, con un ottimo risultato, allo schema in cui sulle ambientazioni prevalgono i personaggi, i loro tormenti, le loro cadute e i loro tentativi di rialzarsi. La pellicola, senza timore di smentita, deve buona parte del successo a una delle migliori interpretazioni della 45enne australiana Cate Blanchett (premiata con l’Oscar e che ad agosto vedremo in Dragon Trainer 2), la quale garantisce a Woody Allen, attraverso una mimica facciale di alta scuola con la quale trasmette lo spaesamento di Jasmine, l’eroina tormentata e mentalmente alla deriva che serviva a questa narrazione in immagini. E, nonostante ciò, una protagonista in qualche modo più concreta rispetto alle irresolutezze degli individui cinematografici del passato ‘alleniano’. La telecamera persevera spesso sugli sguardi persi di Jasmine, sul suo naufragio intellettivo mentre il getto di una doccia scorre sul suo corpo, sul suo continuo ritrovarsi a parlare da sola che è poi l’esito dello shock subìto, dei conseguenti interventi medici e dell’incessante imbottirsi di psicofarmaci.

Cate Blanchett dopo aver ritirato l'Oscar
Ben inserita, con una performance molto vivace, la londinese Sally Hawkins (ottima protagonista nel ‘sociale’ We Want Sex, 2010) la sorella, specchio dell’opposto esistenziale del personaggio principale. In questa vicenda gli uomini, per lo più, sono imbroglioni o ignoranti o grezzi o aggressivi, al contrario dei personaggi femminili, scossi con sofferenza dall’incostanza dei loro sentimenti.

Ottima l'interpretazione di Sally Hawkins
Impeccabile il montaggio di Alisa Lepselter e piacevolmente tipiche delle opere di Allen le musiche di Christopher Lennertz. I frequenti flash back sono ben inseriti nel flusso del racconto filmico e permettono allo spettatore di seguire la concatenazione d’immagini senza mai essere confuso e senza perdere la concentrazione. Un film semplice, nonostante sia opera di un regista da molti (a mio parere ingiustamente) considerato complicato e dalle indagini psicologiche insistite e ingarbugliate. Stavolta Allen sceglie un percorso narrativo più lineare in una commedia amara – a tratti tragica – e l’immedesimazione con la tormentata protagonista è di altissimo livello. Pur nel suo addirittura grottesco, quasi caricaturale ostinarsi nello sforzo di riacciuffare un passato ormai dileguatosi, non è mai antipatica. Stavolta non sono più i ricchi intellettuali più che benestanti di Manhattan a farla da padroni, ma un ex privilegiata che deve scontrarsi con uno fra i peggiori guai (malattie incurabili e lutti improvvisi esclusi) che possono frapporsi nella vita di una persona: aver avuto i soldi e averli persi. Da non perdere e da gustare.

Stefano Marzetti

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