Quelli che forse non avete ancora visto – “Blue Jasmine”, Woody Allen vincente con una grande Cate Blanchett
La locandina
RICONOSCIMENTI PRINCIPALI
Premio
Oscar 2014: miglior attrice protagonista a
Cate Blanchett; Golden Globes 2014: migliore
attrice in un film drammatico a Cate Blanchett; Premio BAFTA 2014: migliore
attrice protagonista a Cate Blanchett; Satellite
Awards 2014: miglior attrice a
Cate Blanchett; Empire Awards 2014: miglior
film attrice non protagonista a Sally Hawkins.
Mia valutazione: ♥♥♥♥ = 8
Scheda
Un film di Woody Allen. Con Cate Blanchett, Alec
Baldwin, Louis C.K., Bobby Cannavale, Andrew Dice Clay, Sally Hawkins, Peter
Sarsgaard, Michael Stuhlbarg, Joy Carlin, Richard Conti, Glen Caspillo, Charlie
Tahan, Annie McNamara, Daniel Jenks, Max Rutherford, Tammy Blanchard, Kathy
Tong, Ted Neustadt, Andrew Long, Lauren Allan, John Harrington Bland, Leslie
Lyles, Glenn Fleshler, Brynn Thayer, Christopher Rubin. Commedia drammatica,
Usa 2013. Durata 98'.
La trama
Il film
racconta di una donna dell'alta società newyorkese che, dopo il crollo
finanziario e l'arresto del marito, si trasferisce dalla sorella a San
Francisco, completamente al verde e per la prima volta costretta a fare i conti
con la dura realtà delle ristrettezze economiche e la mancanza di onestà nella
sua vita.
La mia recensione
Bleu Jasmine è l’ultimo
film solo da regista di Woody Allen (oggi in piena lavorazione per Magic in
the Moonlight
con Colin
Firth ed Emma
Stone, il cui
ingresso nelle sale non è ancora stabilito, forse entro quest'anno) e reduce
dal discreto successo, come interprete, della pellicola Gigolò per
caso, di e con John
Turturro. Il grande
cineasta di New York City, nel suo soggetto e nella sua raffinata
sceneggiatura, suggerisce un tema classico dei suoi script, il tradimento, quello amoroso, descritto con minuzia di
particolari con le sue traiettorie cerebrali, per lo più timori e incertezze e
bugie e comportamenti sconclusionati e dannosi. Eppure il livello
dettagliatamente psicologico della fabula
è un po’ più basso rispetto a tanti altri suoi lungometraggi, soprattutto
quelli più distanti nel tempo.
Cate Blanchett in una scena di Blue Jasmine
Il regista
Woody Allen
Ma, nonostante questo lieve scostamento dallo
stile cui Allen ha abituato i sui ‘tifosi’, con Bleu Jasmine l’oggi
78enne regista di origini ebraiche, fa un salto di qualità rispetto alle ultime
pellicole (frivole e a mio avviso modeste come, per esempio, Midnight in
Paris, nel 2011 e
il quasi risibile To Rome With Love, nel 2012). Torna comunque, con un ottimo
risultato, allo schema in cui sulle ambientazioni prevalgono i personaggi, i
loro tormenti, le loro cadute e i loro tentativi di rialzarsi. La pellicola, senza
timore di smentita, deve buona parte del successo a una delle migliori
interpretazioni della 45enne australiana Cate Blanchett (premiata
con l’Oscar e che ad agosto vedremo in Dragon Trainer 2), la quale
garantisce a Woody Allen, attraverso una mimica facciale di alta scuola con la quale
trasmette lo spaesamento di Jasmine, l’eroina tormentata e mentalmente alla
deriva che serviva a questa narrazione in immagini. E, nonostante ciò, una
protagonista in qualche modo più concreta rispetto alle irresolutezze degli
individui cinematografici del passato ‘alleniano’. La telecamera persevera spesso
sugli sguardi persi di Jasmine, sul suo naufragio intellettivo mentre il getto
di una doccia scorre sul suo corpo, sul suo continuo ritrovarsi a parlare da
sola che è poi l’esito dello shock
subìto, dei conseguenti interventi medici e dell’incessante imbottirsi di
psicofarmaci.
Cate Blanchett dopo aver ritirato l'Oscar
Ben inserita, con una performance molto vivace, la londinese Sally
Hawkins (ottima
protagonista nel ‘sociale’ We Want Sex, 2010) la sorella, specchio dell’opposto
esistenziale del personaggio principale. In questa vicenda gli uomini, per lo
più, sono imbroglioni o ignoranti o grezzi o aggressivi, al contrario dei
personaggi femminili, scossi con sofferenza dall’incostanza dei loro
sentimenti.
Ottima l'interpretazione di Sally Hawkins
Impeccabile il montaggio di Alisa
Lepselter
e piacevolmente tipiche delle opere di Allen le musiche di
Christopher
Lennertz. I
frequenti flash back sono ben
inseriti nel flusso del racconto filmico e permettono allo spettatore di
seguire la concatenazione d’immagini senza mai essere confuso e senza perdere
la concentrazione. Un film semplice, nonostante sia opera di un regista da
molti (a mio parere ingiustamente) considerato complicato e dalle indagini
psicologiche insistite e ingarbugliate. Stavolta Allen sceglie un
percorso narrativo più lineare in una commedia amara – a tratti tragica – e
l’immedesimazione con la tormentata protagonista è di altissimo livello. Pur
nel suo addirittura grottesco, quasi caricaturale ostinarsi nello sforzo di
riacciuffare un passato ormai dileguatosi, non è mai antipatica. Stavolta non
sono più i ricchi intellettuali più che benestanti di Manhattan a farla da padroni, ma un ex privilegiata che deve scontrarsi con uno fra i
peggiori guai (malattie incurabili e lutti improvvisi esclusi) che possono
frapporsi nella vita di una persona: aver avuto i soldi e averli persi. Da non
perdere e da gustare.
Stefano
Marzetti
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