In un saggio la storia del cinema porno in Italia e nel mondo |
La copertina del libro di Franco Grattarola e Andrea Napoli |
In un arco cronologico compreso tra la
seconda metà degli anni Settanta e la prima metà degli Ottanta del secolo
scorso, vi fu una vera e propria esplosione del cinema hard-core, o pornografico o a ‘luce rossa’, che dir si voglia. Ma l’esistenza
dei film di questo genere controverso, ha le sue radici in un’epoca addirittura
anteriore. Poi, con l’avvento delle prime tecnologie fino alla facilità di godimento
(internet) dei giorni nostri, la creazione di veri e propri divi come Cicciolina,
Moana Pozzi, Rocco Siffredi e molti altri, si è progressivamente rivelata un
inutile tentativo di far sopravvivere l’hard
su pellicola, ormai privo di tutte le sue valenze ‘rivoluzionarie’ fino a
spegnersi per mano dei videoregistratori, che resero possibile una più ‘comoda’
visione casalinga.
Cicciolina e Moana Pozzi ai tempi in cui erano vere e proprie star |
Di questo si parla in un saggio appena giunto
nelle librerie (edito da Iacobelli - collana Fuoricollana), intitolato Luce rossa.
La nascita e le prime fasi del cinema pornografico in Italia, scritto da
Franco
Grattarola
e Andrea
Napoli, (493 pp.,
29 €). Il volume sarà presentato il 29 maggio 2014 (ore 21) alla sala Trevi di
Roma in un incontro moderato dal critico cinematografico Marco Giusti.
Il pornodivo Rocco Siffredi |
“L’hard
nacque come un’ulteriore categoria in grado di rivitalizzare l’oramai
moribondo cinema di genere - sottolinea la recensione a firma Marco Lombardi sulla versione online
de Il Quotidiano di Puglia - sulla scorta del successo riscosso in
Francia, negli Usa e nel Nord Europa (…) L’hard
su pellicola ebbe contro i politici di ogni schieramento (dai 'missini' ai
comunisti), diversi gruppi in lotta fra loro (tra cui quelli cattolici e i movimenti
femministi che piazzarono diversi ordigni nei cinema a luci rosse della
capitale) e addirittura un movimento terroristico di estrema destra - rileva ancora
Lombardi - detto ‘Ludwig’ (che bruciò una sala milanese causando la morte di
sei persone). Nonostante il cinema hard fosse un nemico diffusamente comune,
s’affermò rapidamente anche come forma di ribellione politica nei confronti di
una cultura in buona parte coercitiva e bigotta”. Fino, come detto, alla
rivoluzione tecnologica, che lo privò della sua ragione d'essere proposto al cinema.
s.m.
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