lunedì 12 maggio 2014

L’esplosione dei film hard-core e la battaglia per farli sparire

In un saggio la storia del cinema porno in Italia e nel mondo
La copertina del libro
di Franco Grattarola e Andrea Napoli
In un arco cronologico compreso tra la seconda metà degli anni Settanta e la prima metà degli Ottanta del secolo scorso, vi fu una vera e propria esplosione del cinema hard-core, o pornografico o a ‘luce rossa’, che dir si voglia. Ma l’esistenza dei film di questo genere controverso, ha le sue radici in un’epoca addirittura anteriore. Poi, con l’avvento delle prime tecnologie fino alla facilità di godimento (internet) dei giorni nostri, la creazione di veri e propri divi come Cicciolina, Moana Pozzi, Rocco Siffredi e molti altri, si è progressivamente rivelata un inutile tentativo di far sopravvivere l’hard su pellicola, ormai privo di tutte le sue valenze ‘rivoluzionarie’ fino a spegnersi per mano dei videoregistratori, che resero possibile una più ‘comoda’ visione casalinga.

Cicciolina e Moana Pozzi ai tempi in cui erano vere e proprie star
Di questo si parla in un saggio appena giunto nelle librerie (edito da Iacobelli - collana Fuoricollana), intitolato Luce rossa. La nascita e le prime fasi del cinema pornografico in Italia, scritto da Franco Grattarola e Andrea Napoli, (493 pp., 29 €). Il volume sarà presentato il 29 maggio 2014 (ore 21) alla sala Trevi di Roma in un incontro moderato dal critico cinematografico Marco Giusti.

Il pornodivo
Rocco Siffredi
“L’hard nacque come un’ulteriore categoria in grado di rivitalizzare l’oramai moribondo cinema di genere - sottolinea la recensione  a firma Marco Lombardi sulla versione online de Il Quotidiano di Puglia - sulla scorta del successo riscosso in Francia, negli Usa e nel Nord Europa (…) L’hard su pellicola ebbe contro i politici di ogni schieramento (dai 'missini' ai comunisti), diversi gruppi in lotta fra loro (tra cui quelli cattolici e i movimenti femministi che piazzarono diversi ordigni nei cinema a luci rosse della capitale) e addirittura un movimento terroristico di estrema destra - rileva ancora Lombardi - detto ‘Ludwig’ (che bruciò una sala milanese causando la morte di sei persone). Nonostante il cinema hard fosse un nemico diffusamente comune, s’affermò rapidamente anche come forma di ribellione politica nei confronti di una cultura in buona parte coercitiva e bigotta”. Fino, come detto, alla rivoluzione tecnologica, che lo privò della sua ragione d'essere proposto al cinema.

s.m.

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