sabato 17 maggio 2014

Cannes, con “La Chambre Bleue” Amalric non fa troppo onore a Simenon

Il manifesto del film
La scheda
Un film di Mathieu Amalric. Con Mathieu Amalric, Léa Drucker, Stéphanie Cléau, Mona Jaffart, Laurent Poitrenaux. Drammatico, Fra 2014. Durata 75' circa.

La trama
Il film è tratto dall’omonimo romanzo di George Simenon. Julien è sposato e ha una figlia piccola. Delphine anche. S’incontrano dopo gli anni dell’adolescenza ed esplode la passione. Gli incontri si consumano tutti i giovedì in un hotel, per undici mesi. Poi lui decide di chiudere, forse spaventato dalla prorompente sensualità e morbosità di Delphine. Ma lei non cessa di amarlo, di mandargli bigliettini, pur nella lontananza forzata. Julien prova a dare un significato al proprio matrimonio, lei evidentemente no. Muore prima il marito di lei. Poi, misteriosamente, la moglie di lui. Questa storia non accade in tempo reale ma in flash back, nella mente e nelle parole di Julien durante i continui interrogatori della polizia per fare chiarezza sulle due morti, apparentemente senza segni di violenza. Il processo e il verdetto finali ricongiungono i due piani temporali.

Critica – Rassegna stampa
È il secondo film presentato nella sezione ‘Un Certain Regard’, del regista e principale interprete Mathew Amalric (fra i protagonisti del recentissimo e apprezzatissimo Grand Budapest Hotel di Wes Anderson e alla sua quinta prova registica). La “scelta narrativa, di sovrapporre i due piani temporali, il presente e il passato - spiega Elisabetta Sgarbi nella suarecensione sulla Gazzetta di Mantova (versione online) - è una prima debolezza del film: genera una montaggio nevrotico, volto a spiegare i fatti, più che a fare abbandonare il lettore alla storia (storia bellissima, tra l’altro, uscita dalla penna di un maestro come lo scrittore belga). Si pensi alla sequenza iniziale: tanti dettagli di esterni, mentre la colonna audio fa risuonare un amplesso: si sente la mancanza di un carrello o di un piano sequenza che accompagni, insieme ai mugolii di piacere, lo spettatore dentro la stanza del piacere.

Léa Drucker e Mathieu Amalric in una scena del film
E forse, per la poetica di Amalric, non è centrata la scelta di Simenon di cui si apprezza sempre la leggerezza del tocco, la pennellata veloce e esauriente anche negli snodi narrativi più tortuosi. Al contrario - scrive ancora Sgarbi - il regista ama l’indugio sullo scabroso, sul morboso, alla vana ricerca di un dettaglio psicologico che, come un’anguilla, gli sfugge. Senza anticipare dettagli sul plot, la centralità della marmellata avrebbe meritato un pizzico di ironia (‘simenoniana’) che manca al film. Bella fotografia a tratti, belle inquadrature in controluce, suggestive luci blu. E qualche citazione pittorica, non proprio originalissima (‘L’origine del mondo di Courbet’)”.

redazione

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