giovedì 8 maggio 2014

Quelli che forse non avete ancora visto – “Diaz – Non pulire questo sangue”, l’inumanità dell’umano

La locandina
RICONOSCIMENTI PRINCIPALI

David di Donatello 2013: miglior produttore a Domenico Procacci, migliore sonoro a Remo Ugolinelli e Alessandro Palmerini, miglior montaggio a Benni Atria, migliori effetti speciali visivi a Storyteller; Nastro d'argento 2012: miglior produttore a Domenico Procacci, migliore montaggio a Benni Atria, miglior sonoro a Remo Ugolinelli e Alessandro Palmerini; Ciak d'oro 2012: miglior produttore a Domenico Procacci, migliore sonoro in presa diretta a Benni Atria, miglior montaggio a Remo Ugolinelli e Alessandro Palmerini.

Mia valutazione: ♥♥♥♥♥ = 9,5

La scheda
Un film di Daniele Vicari. Con Claudio Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, Davide Iacopini, Ralph Amoussou, Fabrizio Rongione, Renato Scarpa, Mattia Sbragia, Antonio Gerardi, Paolo Calabresi, Francesco Acquaroli, Alessandro Roja, Eva Cambiale, Rolando Ravello, Monica Birladeanu, Emilie De Preissac, Ignazio Oliva, Camilla Semino, Aylin Prandi, Michaela Bara, Sarah Barecek, Lilith Stanghenberg, Christian Blümel, Christoph Letkowski, Ester Ortega, Pietro Ragusa, Gerry Mastrodomenico. Drammatico, Ita, 2012. Durata 120'. Fandango.

La trama
Il film ricostruisce, in parte, i tristemente noti fatti avvenuti nella notte tra il 21 e il 22 luglio 2001 a Genova, durante il G8. Secondo quanto accertato dai procedimenti penali che sono seguiti, un'irruzione della polizia nella scuola Diaz del capoluogo ligure (tutt’oggi imprecisato il numero degli agenti coinvolti) ha provocato una sorta di mattatoio ai danni d’innocenti e pacifici no-global (ma anche di persone non schierate e di alcuni giornalisti, italiani e stranieri). La brutalità dei reparti di polizia coinvolti nell’assalto è poi proseguita per tutta la notte nella caserma di Bolzaneto, dove diciannove sui novantatré arrestati, furono portati e trattenuti con brutalità medioevale e gravissima violazione delle più elementari norme in materia di ‘diritti umani’.

***

Il regista Daniele Vicari
Luca è un giornalista della Gazzetta di Bologna (nella realtà Lorenzo Guadagnucci de Il Resto del Carlino). È il 20 luglio 2001, l'attenzione della stampa è catalizzata dagli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine durante il vertice G8 di Genova. In redazione arriva la notizia della morte di Carlo Giuliani. Luca decide di partire per Genova, vuole vedere di persona cosa sta succedendo. Alma è un'anarchica tedesca che ha partecipato agli scontri. Sconvolta dalle violenze cui ha assistito, decide di occuparsi delle persone disperse con Marco, un organizzatore del Genoa Social Forum, e Franci, un giovane avvocato del Genoa Legal forum. Nick è un manager che s’interessa di economia solidale, arrivato a Genova per seguire il seminario dell'economista Susan George. Anselmo è un vecchio militante della Cgil e con i suoi compagni pensionati ha preso parte ai cortei contro il G8. Etienne e Cecile sono due anarchici francesi protagonisti delle devastazioni di quei giorni. Bea e Ralf sono di passaggio e hanno deciso di riposarsi alla Diaz prima di partire. Max, vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma, comanda il VII nucleo e non vede l'ora di tornare a casa da sua moglie e sua figlia. Luca, Alma, Nick, Anselmo, Etienne, Marco e centinaia di altre persone incrociano i loro destini la notte del 21 luglio 2001.

Un'emblematica scena dell'irruzione nella scuola Diaz di Genova
La mia recensione
Non è facile scrivere un’opinione su Diaz - Non pulire questo sangue, lo straordinario film di Daniele Vicari (autore perlopiù di un cinema di tipo ‘sociale’ e infatti esperto di documentari, dove riesce a dare il meglio di sé, come, ad esempio, nel 2012 con La nave dolce o nel 2007 con Il mio paese), perché il rischio, alto, è quello di apparire ingenui oltremisura. Io che mi avvicino a larghe falcate ai quarantasette anni, di violenza ne ho vista e sentita raccontare, non tanto di persona (per fortuna) ma moltissimo nei film, nei documentari, nei servizi televisivi e nella letteratura. In pochissime circostanze, tuttavia, mi sono accorto di essere così raggranchito sulla poltroncina della sala cinematografica, con gli occhi sbarrati dallo sconcerto di fronte a un’ennesima dimostrazione della possibile inumanità dell’umano.

L'attrice tedesca Jennifer Ulrich
Di tanto in tanto il cinema italiano sa regalare dei capolavori. È, a mio avviso, il caso di quest’opera giustamente pluripremiata (e che avrebbe di certo meritato anche una nomination all’Oscar per il miglior film in lingua straniera). Come detto, il cineasta di Rieti con i documentari ci sa fare e questa vicenda ben si sarebbe prestata a essere proposta con criteri legati in modo più stretto a ciò che è indiscutibilmente probante, piuttosto che con le regole con cui si realizza un lavoro che, come avviene sempre con i film, implica una dose d’immaginazione e interpretazione dei fatti, seppur vicinissima al reale. Fatti che, in questo caso, sono stati tradotti e raccontati per il grande schermo dal soggetto di Vicari e dalla sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso regista con Laura Paolucci, scaturita da un certosino e spossante accaparramento di documenti, testimonianze e altri elementi provati fino alla sentenza della Corte di Cassazione (luglio 2012, dopo undici anni di processi) e quindi non più discutibili.

Claudio Santamaria
Il lavoro registico per la realizzazione di questa pellicola che parla di una vera e propria sospensione dei diritti democratici, era di difficoltà formidabile ma Daniele Vicari ne è uscito a testa alta e con il miglior esito possibile. Riuscito il collage di continui avanti e indietro temporali, omogeneo e determinante per la nitida comprensione di un avvenimento piuttosto intricato. A colpire col tonfa la bocca dello stomaco dello spettatore (così come col tonfa, il manganello dei nuclei speciali delle forze di polizia, sono stati tartassati gli occupanti della Diaz) sono soprattutto le riprese girate nei corridoi, nella palestra e negli anfratti della famigerata scuola. Decine di persone, soprattutto giovani, furono pestate a sangue, picchiate con brutalità ingiustificata nonostante, tremanti di terrore, si facessero trovare con le mani alzate. La telecamera attende l’orda barbarica in divisa antisommossa e realizza l’idea dell’aggressione. In quel momento lo spettatore è catturato dalle immagini e assaggia una parte del panico che deve aver provato chi, di quell’arrembaggio, è stato realmente vittima.

Ottima la partecipazione di Renato Scarpa
È in queste fasi che la narrazione filmica diviene ricostruzione - se non forse fedelissima in ogni minimo particolare (ma nel cinema questo non è indispensabile) – di un realismo sbalorditivo. Merito anche del magistrale montaggio di Benni Atria e di effetti speciali di livello hollywoodiano. In tutto questo le prove degli attori non sono così importanti, passano in secondo piano rispetto alla concatenazione dei fatti. Ogni interprete ha a disposizione pochissimi minuti di girato ed è quindi superfluo soffermarsi sulle personificazioni, ad esempio, dei bravissimi Claudio Santamaria e Elio Germano, per citare i nomi di spicco. Mentre merita una particolare menzione, l’esperta caratterizzazione affidata a un grande attore come Renato Scarpa. Lo stesso vale per il piccolo, ma determinate, ruolo di Mattia Sbragia nei panni di Arnaldo La Barbera (nel film rinominato come Armando Carnera), il rappresentante dello Stato che non ebbe dubbi sulla necessità di compiere l’operazione-Diaz.

Un film dalla tensione lancinante che non dà tregua a chi vede. Due ore circa di autentico sgomento (a prescindere da quale sia il grado di conoscenza dei fatti realmente accaduti e delle tante immagini passate in televisione) per la definitiva presa di coscienza dello scempio che avvenne quel giorno. Il tutto impastato con un intollerabile senso d’incredulità, come se una voce dentro dicesse in continuazione “non è possibile che sia successo, non è possibile che sia successo”. Da recuperare senza indugio (vietato avere bimbi a fianco) per arricchire il proprio bagaglio di conoscenze, comprese quelle di carattere animalesco, nel significato più  irriverente della parola.

Stefano Marzetti

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