Quelli che forse non avete ancora visto – “Diaz – Non pulire questo sangue”, l’inumanità dell’umano
La locandina
RICONOSCIMENTI PRINCIPALI
David di
Donatello 2013: miglior produttore a
Domenico Procacci, migliore sonoro a Remo Ugolinelli e Alessandro Palmerini, miglior
montaggio a Benni Atria, migliori effetti speciali visivi a Storyteller; Nastro d'argento 2012: miglior
produttore a Domenico Procacci, migliore montaggio a Benni Atria, miglior
sonoro a Remo Ugolinelli e Alessandro Palmerini; Ciak d'oro 2012: miglior
produttore a Domenico Procacci, migliore sonoro in presa diretta a Benni Atria,
miglior montaggio a Remo Ugolinelli e Alessandro Palmerini.
Mia valutazione: ♥♥♥♥♥ = 9,5
La scheda
Un film di Daniele Vicari. Con Claudio
Santamaria, Jennifer Ulrich, Elio Germano, Davide Iacopini, Ralph Amoussou,
Fabrizio Rongione, Renato Scarpa, Mattia Sbragia, Antonio Gerardi, Paolo
Calabresi, Francesco Acquaroli, Alessandro Roja, Eva Cambiale, Rolando Ravello,
Monica Birladeanu, Emilie De Preissac, Ignazio Oliva, Camilla Semino, Aylin
Prandi, Michaela Bara, Sarah Barecek, Lilith Stanghenberg, Christian Blümel,
Christoph Letkowski, Ester Ortega, Pietro Ragusa, Gerry Mastrodomenico.
Drammatico, Ita, 2012. Durata 120'. Fandango.
La trama
Il film
ricostruisce, in parte, i tristemente noti fatti avvenuti nella notte tra il 21
e il 22 luglio 2001 a Genova, durante il G8. Secondo quanto accertato dai
procedimenti penali che sono seguiti, un'irruzione della polizia nella scuola Diaz
del capoluogo ligure (tutt’oggi imprecisato il numero degli agenti coinvolti) ha
provocato una sorta di mattatoio ai danni d’innocenti e pacifici no-global (ma anche di persone non schierate e di
alcuni giornalisti, italiani e stranieri). La brutalità dei reparti di polizia coinvolti
nell’assalto è poi proseguita per tutta la notte nella caserma di Bolzaneto,
dove diciannove sui novantatré arrestati, furono portati e trattenuti con
brutalità medioevale e gravissima violazione delle più elementari norme in
materia di ‘diritti umani’.
***
Il regista Daniele Vicari
Luca è un
giornalista della Gazzetta di Bologna (nella realtà Lorenzo Guadagnucci de Il Resto del Carlino). È
il 20 luglio 2001, l'attenzione della stampa è catalizzata dagli scontri tra
manifestanti e forze dell'ordine durante il vertice G8 di Genova. In redazione
arriva la notizia della morte di Carlo Giuliani. Luca decide di partire per
Genova, vuole vedere di persona cosa sta succedendo. Alma è un'anarchica
tedesca che ha partecipato agli scontri. Sconvolta dalle violenze cui ha
assistito, decide di occuparsi delle persone disperse con Marco, un organizzatore
del Genoa Social
Forum, e Franci, un giovane avvocato del Genoa
Legal forum. Nick è un manager che s’interessa
di economia solidale, arrivato a Genova per seguire il seminario
dell'economista Susan George. Anselmo è un vecchio militante della Cgil e con i
suoi compagni pensionati ha preso parte ai cortei contro il G8. Etienne e
Cecile sono due anarchici francesi protagonisti delle devastazioni di quei
giorni. Bea e Ralf sono di passaggio e hanno deciso di riposarsi alla Diaz
prima di partire. Max, vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma,
comanda il VII nucleo e non vede l'ora di tornare a casa da sua moglie e sua
figlia. Luca, Alma, Nick, Anselmo, Etienne, Marco e centinaia di altre persone
incrociano i loro destini la notte del 21 luglio 2001.
Un'emblematica scena dell'irruzione nella scuola Diaz di Genova
La mia recensione
Non è facile scrivere un’opinione su Diaz - Non
pulire questo sangue, lo straordinario film di Daniele Vicari (autore perlopiù
di un cinema di tipo ‘sociale’ e infatti esperto di documentari, dove riesce a
dare il meglio di sé, come, ad esempio, nel 2012 con La nave
dolce o nel 2007
con Il
mio paese),
perché il rischio, alto, è quello di apparire ingenui oltremisura. Io che mi
avvicino a larghe falcate ai quarantasette anni, di violenza ne ho vista e
sentita raccontare, non tanto di persona (per fortuna) ma moltissimo nei film,
nei documentari, nei servizi televisivi e nella letteratura. In pochissime
circostanze, tuttavia, mi sono accorto di essere così raggranchito sulla
poltroncina della sala cinematografica, con gli occhi sbarrati dallo sconcerto
di fronte a un’ennesima dimostrazione della possibile inumanità dell’umano.
L'attrice tedesca Jennifer Ulrich
Di tanto in tanto il cinema italiano sa regalare
dei capolavori. È, a mio avviso, il caso di quest’opera giustamente
pluripremiata (e che avrebbe di certo meritato anche una nomination all’Oscar per il miglior film in lingua straniera). Come
detto, il cineasta di Rieti con i documentari ci sa fare e questa vicenda ben
si sarebbe prestata a essere proposta con criteri legati in modo più stretto a
ciò che è indiscutibilmente probante, piuttosto che con le regole con cui si
realizza un lavoro che, come avviene sempre con i film, implica una dose d’immaginazione
e interpretazione dei fatti, seppur vicinissima al reale. Fatti che, in questo
caso, sono stati tradotti e raccontati per il grande schermo dal soggetto di Vicari e dalla
sceneggiatura scritta a quattro mani dallo stesso regista con Laura
Paolucci, scaturita
da un certosino e spossante accaparramento di documenti, testimonianze e altri
elementi provati fino alla sentenza della Corte di Cassazione (luglio 2012,
dopo undici anni di processi) e quindi non più discutibili.
Claudio Santamaria
Il lavoro registico per la realizzazione di
questa pellicola che parla di una vera e propria sospensione dei diritti
democratici, era di difficoltà formidabile ma Daniele Vicari ne è uscito
a testa alta e con il miglior esito possibile. Riuscito il collage di continui avanti e indietro temporali, omogeneo e
determinante per la nitida comprensione di un avvenimento piuttosto intricato. A
colpire col tonfa la bocca dello
stomaco dello spettatore (così come col tonfa, il manganello dei nuclei
speciali delle forze di polizia, sono stati tartassati gli occupanti della
Diaz) sono soprattutto le riprese girate nei corridoi, nella palestra e negli
anfratti della famigerata scuola. Decine di persone, soprattutto giovani,
furono pestate a sangue, picchiate con brutalità ingiustificata nonostante,
tremanti di terrore, si facessero trovare con le mani alzate. La telecamera
attende l’orda barbarica in divisa antisommossa e realizza l’idea dell’aggressione.
In quel momento lo spettatore è catturato dalle immagini e assaggia una parte
del panico che deve aver provato chi, di quell’arrembaggio, è stato realmente
vittima.
Ottima la partecipazione di Renato Scarpa
È in queste fasi che la narrazione filmica diviene
ricostruzione - se non forse fedelissima in ogni minimo particolare (ma nel
cinema questo non è indispensabile) – di un realismo sbalorditivo. Merito anche
del magistrale montaggio di Benni Atria e di effetti speciali di livello
hollywoodiano. In tutto questo le prove degli attori non sono così importanti,
passano in secondo piano rispetto alla concatenazione dei fatti. Ogni interprete ha
a disposizione pochissimi minuti di girato ed è quindi superfluo soffermarsi
sulle personificazioni, ad esempio, dei bravissimi Claudio
Santamaria
e Elio
Germano, per citare
i nomi di spicco. Mentre merita una particolare menzione, l’esperta
caratterizzazione affidata a un grande attore come Renato
Scarpa. Lo stesso
vale per il piccolo, ma determinate, ruolo di Mattia Sbragia nei panni
di Arnaldo La Barbera (nel film rinominato come Armando Carnera), il
rappresentante dello Stato che non ebbe dubbi sulla necessità di compiere l’operazione-Diaz.
Un film dalla tensione lancinante che non dà
tregua a chi vede. Due ore circa di autentico sgomento (a prescindere da quale
sia il grado di conoscenza dei fatti realmente accaduti e delle tante immagini
passate in televisione) per la definitiva presa di coscienza dello scempio che
avvenne quel giorno. Il tutto impastato con un intollerabile senso d’incredulità,
come se una voce dentro dicesse in continuazione “non è possibile che sia
successo, non è possibile che sia successo”. Da recuperare senza indugio
(vietato avere bimbi a fianco) per arricchire il proprio bagaglio di
conoscenze, comprese quelle di carattere animalesco, nel significato più irriverente della parola.
Stefano
Marzetti
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