mercoledì 30 aprile 2014

Da venticinque anni senza Sergio Leone, un ricordo del ‘genio’

Sergio Leone (foto Il Mattino web)
Venticinque anni fa moriva Sergio Leone, comunemente soprannominato il ‘padre dello spaghetti western’, che in tutta la sua luminosa ma non lunghissima carriera - durata circa vent’anni - ebbe il tempo di girare solo sette film, uno più bello dell’altro. E ritagliarsi così un posto nella storia del cinema, non italiano, bensì mondiale. Perché le sue pellicole sono conosciute e adorate in tutto il pianeta. Era il 30 aprile del 1989 e Leone, al secolo Sergio Roberti, aveva solo sessant’anni quando, per colpa di un infarto, si spegneva nella sua città, Roma, dov’era nato il 3 gennaio 1929. In quel periodo - ricorda Federico Boni di Cinema Yahoo - stava lavorando su un progetto poi diventato ‘leggenda’, riguardante l'assedio di Leningrado durante la seconda guerra mondiale. Sono venticinque anni che questo film torna periodicamente a galla (con Gabriele Salvatores negli ultimi tempi più volte interessato) per poi rientrare nel dimenticatoio produttivo.
Clint Eastwood, protagonista della 'Trilogia del dollaro'
Dopo decenni da assistenza alla regia, il debutto avveniva nel 1961 con Il colosso di Rodi, peplum (pellicola storica in costume, perlopiù ambientata in periodo greco o romano antico) cui tre anni dopo seguiva il primo capitolo della mitologica ‘trilogia del dollaro’. Con Per un pugno di dollari (1964) Sergio Leone inventava un’inedita specie cinematografica che fece impazzire il mondo, Stati Uniti d'America compresi. Quel primo ‘gioiello’ fece letteralmente scuola e gli fu ispirato da La sfida del samurai (in giapponese Yojimbo), film di Akira Kurosawa del 1961. Fra l’altro ‘gettava’ nell’universo di celluloide un tale Clint Eastwood, oggi 83enne e senza dubbio uno dei più fervidi e profondi registi contemporanei di Hollywood.

L'anno dopo Leone si concedeva il bis con Per qualche dollaro in più (1965), terminando il tutto nel 1966 con Il buono, il brutto, il cattivo, col quale il regista capitolino faceva un fenomenale miglioramento sia nella scrittura sia nella qualità dell’impalcatura filmica e dava così alla luce un lungometraggio di genere che solo negli States incassò venticinque milioni di dollari. Un'enormità per l'epoca, dopo i trenta ricavati in totale coi due film precedenti.

Claudia Cardinale in C'era una volta il West
Diventato mito planetario, Sergio Leone proseguiva per la sua strada con C'era una volta il West (1968, a mio avviso forse il più bello), nato – secondo quanto ricostruito sempre da Cinema Yahoo - da un'idea di Bernardo Bertolucci e Dario Argento con un cast di pregio che annovera Claudia Cardinale, Henry Fonda, Jason Robards e Charles Bronson. Cinque anni fa questo capolavoro era incluso nel National Film Registry dalla Biblioteca del Congresso americano per essere “culturalmente, storicamente o esteticamente” significativo. C'era una volta il West era seguito da Giù la testa (1971), secondo film della cosiddetta ‘trilogia del tempo’, con protagonisti  Rod Steiger, James Coburn e Romolo Valli.

Il manifesto di C'era una volta in America
Abbandonato il western dopo un decennio di trionfi, il cineasta romano impiegava tredici anni per realizzare il suo ultimo e più ambizioso lavoro, C'era una volta in America (1984). Presentato fuori concorso alla 37^ edizione del Festival di Cannes, il film era candidato a due Golden Globes, per poi vincere quattro Nastri d'argento e due Bafta. Come accaduto per tutti i film di Sergio Leone, il valore aggiunto furono le colonne sonore che fecero conoscere al mondo un altro artista romano, Ennio Morricone, notabile ingegno della musica molto spesso ‘prestato’ al mondo del cinema. Nell’occasione il regista compiva il casting più potente della sua carriera, ‘arruolando’ attori del calibro di  Elizabeth McGovern, James Woods, Robert De Niro, Treat Williams, Joe Pesci, Burt Young e una giovanissima Jennifer Connelly.

Per quanto ricordato, anche Filmamare sente l’obbligo di celebrare una data che riporta, giustamente, all’attenzione del mondo un personaggio rivoluzionario.


s.m.

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