Sergio Leone (foto Il Mattino web) |
Venticinque anni fa moriva Sergio
Leone,
comunemente soprannominato il ‘padre dello spaghetti
western’, che in tutta la sua luminosa ma non lunghissima carriera - durata
circa vent’anni - ebbe il tempo di girare solo sette film, uno più bello dell’altro.
E ritagliarsi così un posto nella storia del cinema, non italiano, bensì
mondiale. Perché le sue pellicole sono conosciute e adorate in tutto il pianeta. Era
il 30 aprile del 1989 e Leone, al secolo Sergio Roberti, aveva solo
sessant’anni quando, per colpa di un infarto, si spegneva nella sua città,
Roma, dov’era nato il 3 gennaio 1929. In quel periodo - ricorda Federico Boni di Cinema Yahoo - stava lavorando su un progetto poi diventato ‘leggenda’,
riguardante l'assedio di Leningrado durante la seconda guerra mondiale. Sono venticinque
anni che questo film torna periodicamente a galla (con Gabriele
Salvatores
negli ultimi tempi più volte interessato) per poi rientrare nel dimenticatoio
produttivo.
Clint Eastwood, protagonista della 'Trilogia del dollaro' |
Dopo decenni da assistenza alla regia, il
debutto avveniva nel 1961 con Il colosso di Rodi, peplum (pellicola storica in costume,
perlopiù ambientata in periodo greco o romano antico) cui tre anni dopo seguiva
il primo capitolo della mitologica ‘trilogia del dollaro’. Con Per un
pugno di dollari (1964) Sergio Leone inventava un’inedita specie cinematografica
che fece impazzire il mondo, Stati Uniti d'America compresi. Quel primo ‘gioiello’
fece letteralmente scuola e gli fu ispirato da La sfida del samurai (in
giapponese Yojimbo), film di Akira
Kurosawa del 1961. Fra
l’altro ‘gettava’ nell’universo di celluloide un tale Clint
Eastwood, oggi
83enne e senza dubbio uno dei più fervidi e profondi registi contemporanei di
Hollywood.
L'anno dopo Leone si concedeva
il bis con Per qualche dollaro in più (1965), terminando il tutto nel 1966 con Il buono, il
brutto, il cattivo, col quale il regista capitolino faceva un fenomenale miglioramento
sia nella scrittura sia nella qualità dell’impalcatura filmica e dava così alla
luce un lungometraggio di genere che solo negli States incassò venticinque
milioni di dollari. Un'enormità per l'epoca, dopo i trenta ricavati in totale coi
due film precedenti.
Claudia Cardinale in C'era una volta il West |
Diventato mito planetario, Sergio
Leone proseguiva per
la sua strada con C'era una volta il West (1968, a mio
avviso forse il più bello), nato – secondo quanto ricostruito sempre da Cinema
Yahoo - da un'idea di Bernardo Bertolucci e Dario Argento con un cast
di pregio che annovera Claudia Cardinale, Henry Fonda, Jason
Robards e Charles
Bronson. Cinque
anni fa questo capolavoro era incluso nel National Film Registry dalla
Biblioteca del Congresso americano per essere “culturalmente, storicamente o
esteticamente” significativo. C'era una volta il West era seguito
da Giù
la testa (1971),
secondo film della cosiddetta ‘trilogia del tempo’, con protagonisti Rod Steiger, James
Coburn e Romolo
Valli.
Il manifesto di C'era una volta in America |
Abbandonato il western dopo un decennio di trionfi, il cineasta romano impiegava
tredici anni per realizzare il suo ultimo e più ambizioso lavoro, C'era una
volta in America (1984). Presentato fuori concorso alla 37^ edizione del Festival
di Cannes, il film era candidato a due Golden Globes, per poi vincere quattro
Nastri d'argento e due Bafta. Come accaduto per tutti i film di Sergio
Leone, il valore
aggiunto furono le colonne sonore che fecero conoscere al mondo un altro
artista romano, Ennio Morricone, notabile ingegno della musica molto spesso ‘prestato’
al mondo del cinema. Nell’occasione il regista compiva il casting più potente della sua carriera, ‘arruolando’ attori del
calibro di Elizabeth
McGovern, James
Woods, Robert De
Niro, Treat
Williams, Joe Pesci, Burt
Young e una
giovanissima Jennifer Connelly.
Per quanto ricordato, anche Filmamare sente l’obbligo
di celebrare una data che riporta, giustamente, all’attenzione del mondo un
personaggio rivoluzionario.
s.m.
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