venerdì 18 aprile 2014

Il più bello di venerdì, prima serata, sul ‘digitale’: Rai 4 alle 21,15 (con trailer)

La locandina
Hereafter

Mia valutazione: ♥♥♥ = 6,5

La scheda
Un film di Clint Eastwood. Con Matt Damon, Cécile De France, Joy Mohr, Bryce Dallas Howard, George McLaren, Frankie McLaren, Thierry Neuvic, Marthe Keller, Jay Mohr, Richard Kind, Charlie Creed-Miles, Lyndsey Marshal, Rebekah Staton, Declan Conlon, Marcus Boyea, Franz Drameh, Tex Jacks, Taylor Doherty, Mylène Jampanoï, Stéphane Freiss, Laurent Bateau, Steve Schirripa, Joe Bellan, Jenifer Lewis, Tom Beard, Andy Gathergood, Helen Elizabeth, Niamh Cusack, George Costigan, Claire Price, Surinder Duhra, Sean Buckley, Paul Antony-Barber, Selina Cadell, Thomas Price, Céline Sallette, Celia Shuman, Joanna Croll, Jack Bence, Derek Jacobi. Drammatico, Usa 2010. Durata 129'.

La trama
Hereafter è un thriller soprannaturale che vede protagoniste tre persone: George è un operaio americano che ha un rapporto speciale con l'aldilà; Marie, una giornalista francese che ha avuto un’esperienza tra la vita e la morte che ha sconvolto le sue certezze; Marcus, uno studente londinese che ha perso la persona che gli era più vicina e cerca disperatamente delle risposte. Le loro storie finiranno con l'intrecciarsi, le loro vite saranno cambiate per sempre da quello che credono esista, o debba esistere, nell’altro mondo.

Recensione
Film molto commerciale e a mio avviso sopravvalutato (miglior ‘straniero’ ai David di Donatello), che propone l’inflazionato tema della preveggenza e della sensitività. Hereafter è un’opera di Clint Eastwood, fra i migliori registi degli ultimi vent’anni come minimo e tra i più premiati ma che non bisogna per forza cospargere d’incenso ogni volta che manda un film nelle sale cinematografiche. E allora, di fronte a questa sua osannata fatica del 2010 con Matt Damon (in procinto di tornare col promettente The Zero Theorem, di Terry Gilliam ma anche reduce dal deludente Monuments Men di George Clooney) e un cast, per il resto, di medio lignaggio, non mi straccio certo le vesti – come tanti colleghi hanno fatto - e vi dico che, per lo più, mi sono annoiato, in particolare per la lentezza in alcuni punti del racconto filmico. Non uso mezzi termini pur essendo appassionato ammiratore sia del regista sia dell’attore di cui, a memoria, ho visto tutti i film nei quali ha recitato.

Matt Damon in una scena di Hereafter
Matt Damon, in questa parte, è secondo me mal sfruttato e anche lui poco convincente. Chiamato a tentare di trasmettere il senso di sgomento dell’uomo cosciente del proprio ‘sesto senso’ di cui accusa tutto il peso al punto di rifiutarlo e del quale tenta di non dover rendere conto, l’attore di Cambridge (Massachusetts, Usa), ne vien fuori rattristato e incapace di qualsiasi guizzo che ammorbidisca la pesantezza di molte scene. Argomento sfruttato, dicevo in apertura: mi vengono subito in mente due pellicole (ma con memoria più fresca potrebbero saltarne fuori molte altre), la migliore delle quali è senz’altro il coinvolgente The Mothman Prophecies – Voci dall’ombra (2002, di Mark Pellington, con Richard Gere). La seconda è il sufficiente The Gift (2000, di Sam Raimi con Cate Blanchet).

Il regista Clint Eastwood con il piccolo Frankie McLaren
Per le suddette crepe, Eastwood avrebbe dovuto saper trarre più sangue dall’asfittica sceneggiatura di Peter Morgan (suo lo script anche del deludente Rush [clicca], di Ron Howard, 2013). Sceneggiatura che neppure nei dialoghi riesce a tirare su il tasso di coinvolgimento dell’esperienza cinematografica (che di per sé ha un punto di partenza assai inverosimile), piatti, piuttosto banali e senza un passaggio sdrammatizzante, col risultato di dare l’impressione di una pellicola che si prende fin troppo sul serio. In tutto ciò, va detto che non è che l’oggi 83enne cineasta di San Francisco dia all’improvviso l’idea di essere un incapace. Nulla da dire, ad esempio, sul flusso sufficientemente unitario delle immagini - favorito anche dal montaggio dell’espertissimo Joel Cox (fra i tanti Invictus - L'invincibile nel 2009 e J. Edgar nel 2011) - che per lo meno non rende caotico l’insieme.

Propongo comunque questo film nella convinzione che - senza scendere troppo nei particolari che una critica più analitica è tenuta a considerare - sia comunque godibile. “Hereafter è un lungometraggio decisamente scentrato a livello narrativo - rileva Adriano Ercolani di Coming Soon - debole nella presentazione ed incerto nello sviluppo interno a molti personaggi. Quando azzecca il tono e la tensione drammatica riesce a regalare magnifici momenti di cinema prettamente ‘eastwoodiano', e questo alla fine basta a renderlo ai nostri occhi un prodotto meritevole di consenso, pur con tutti i suoi evidenti difetti”.

***

In concomitanza (su Rai 3 alle 21,05) un film che non ho visto ma con ottime critiche, di cui qui sotto vi propongo le informazioni fondamentali.

La locandina
The Lady – L’amore per la libertà

Valutazione media: ♥♥♥♥ = 8

La scheda
Un film di Luc Besson. Con Michelle Yeoh, David Thewlis, William Hope, Martin John King, Susan Wooldridge. Sahajak Boonthanakit, Nay Myo Thant, Marian Yu, Guy Barwell. Titolo originale: The Lady. Drammatico, Fra/Gb 2011. Durata 145'.

La trama
La storia vera di Aung San Suu Kyi, Premio Nobel per la Pace 1991 e ‘orchidea d'acciaio’ del movimento per la democrazia in Myanmar. Dopo l'assassinio del padre, il generale Aung San, leader della lotta indipendentista birmana, Suu cresce in Inghilterra e sposa il professore universitario Michael Aris. Quando nel 1988 il suo popolo insorge contro la giunta militare, Suu torna nel paese natale e inizia il suo lungo scontro diretto contro il potere assoluto dei generali.


Stefano Marzetti

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