mercoledì 16 aprile 2014

“Onirica – Field of Dogs”, una visionarietà a rischio noia (con trailer)

La locandina
Mia previsione: ♥♥ = 5,5

Scheda del film
Un film di Lech Majewski. Con Michal Tatarek, Elžbieta Okupska, Jacenty Jedrusi, Jan Warta, Szymon Budzyk, Anna Mielczare, Karolina Korta, Karolina Wardyn, Massimiliano Cutrera. Titolo originale Field of Dogs. Drammatico, Pol/Ita/Sve 2013. Durata 102'. CG Home Video. Uscita giovedì 17 aprile 2014.

Trama del film
Adam lavora in un supermercato, era uno studioso e professore dell'università, amante della letteratura. Sopravvissuto a un incidente, in cui hanno perso la vita la sua compagna e il migliore amico, riesce a trovare conforto solo nel mondo dei sogni dove cerca rifugio e si abbandona alle visioni generate dalla sua ossessione per la Divina Commedia e come Dante, anche lui, parte per cercare la sua Beatrice perduta.

Critica
Un film difficile e, secondo alcuni critici che ne hanno visto l’anteprima, non del tutto riuscito. Di certo, lo dice la premessa stessa che ho deciso di scrivere, non sarà un campione d’incassi, in un momento in cui a farla da padroni sono azione e sequenze spettacolari. Ciò non toglie che qualche curiosità questo racconto per immagini del polacco Lech Majewski (anni fa lavorò negli States collaborando al semi sconosciuto Prisoner of Rio, pellicola che lanciò come protagonista un attore del calibro di Viggo Mortensen), a mio avviso, la suscita. Un’opera che termina la cosiddetta ‘trilogia sull’arte’, i cui primi due episodi sono Il giardino delle delizie (2004) e I colori della passione (2011) e con la quale il sessantenne cineasta di Katowice si getta e tenta di gettare lo spettatore nel vortice delle pene e dell’umana incertezza, alla ricerca di un finale salvifico mai facile da realizzare.

S’ispira Majewski, come rileva Giancarlo Zappoli di Mymovies, alla Divina Commedia (letta in lingua italiana dalla voce di un audiolibro) e intraprende un intimo viaggio nel quale non rinuncia alle tecnologie più avanzate. “Rischia però di smarrire il rigore visivo e narrativo – scrive Zappoli -  che contraddistingueva la sua opera precedente attratto com'è dal desiderio di moltiplicare segni e simboli”. In questo non manca la sua Polonia, qui “tormentata da catastrofi così come lo è, sul piano privato ed intimo, il cuore del protagonista”.


Una scena piuttosto surreale di Onirica - Field of Dogs
Ripeto con parole diverse l’osservazione iniziale: senza nulla togliere alle capacità filmico-narrative di Majewski, venute a galla in particolare col già citato I colori della passione, mi rendo conto di scrivere su un’esperienza filmica che ho la forte tentazione di risparmiarmi, consapevole che così facendo infrango una regola basilare della critica cinematografica, vale a dire scrollarsi di dosso pregiudizi prima di aver visto. Il fatto è che, per quanto ho potuto apprendere su quest’opera, esiste il considerevole rischio di imbattersi in forzature e incongruenze che dovrebbero servire al regista per legittimare un senso realistico del proprio intento cinematografico. Perplesso, infatti, il collega di Mymovies, quando osserva “su un piano più strettamente socio-politico, la particolare enfasi dedicata alla morte per incidente aereo del presidente polacco, figura molto discussa e sulla cui inumazione nella cattedrale che contiene le spoglie dei padri della patria un Maestro di indubbia forza morale come Wajda avanzò forti dubbi in una lettera aperta”.

Un'altra scena del film del regista polacco Lech Majewski
Avvalora il mio timore una convincente affermazione di Carola Proto, critico di Coming Soon, quando scrive che Onirica - Field of Dogs porta un fardello troppo pesante di piani narrativi e scelte registiche (vedi telecronache e radiocronache dei tragici fatti di quattro anni fa, nel 2010, appunto la succitata tragedia aerea con la morte del presidente della Polonia Lech Kaczyński, della moglie e di diversi altri membri ed ex componenti delle più alte istituzioni nazionali). Fardello che causa “un’attenzione intermittente (…) uno straniamento che, se non ci si lascia andare alla visionarietà del racconto, rischia di confondersi con la noia”. In conclusione Proto efficacemente ci avverte che si è al cospetto di “un film complesso: forse, per apprezzarlo di più e capirlo fino in fondo, andrebbe rivisto una seconda volta, magari lasciando lavorare più gli occhi delle orecchie”. Io passerò la mano.

Non essendo supportato dalla visione dell’anteprima del film, l’articolo va inteso come una sorta di rassegna stampa da me commentata e, dove possibile, arricchita.

st.mar.

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