Il più bello di mercoledì, prima serata, sul ‘digitale’: Iris alle 21,10 (con trailer)
La locandina
L'attimo
fuggente
PREMI PRINCIPALI
Premio
Oscar 1990: migliore sceneggiatura originale a
Tom Schulman; Premio BAFTA 1990: miglior film a Steven Haft, Peter Weir, Paul Junger Witt e Tony Thomas
e miglior colonna sonora a Maurice Jarre; David
di Donatello 1990: miglior film
straniero a Peter Weir; Nastro d'argento 1990: migliore regista straniero a Peter Weir; Premio César 1991: miglior
film straniero a Peter Weir.
Mia valutazione: ♥♥♥♥ = 8
Scheda
Un film di Peter Weir. Con Robin Williams, Ethan Hawke, Norman Lloyd, Robert Sean Leonard, Josh
Charles, Gale Hansen, Dylan Kussman, Allelon Ruggiero, James Waterston,
Kurtwood Smith, Carla Belver, Leon Pownall, George Martin, Joe Aufiery, Matt
Carey. Titolo
originale: Dead Poets Society.
Drammatico, Usa 1989. Durata 130'.
Trama
Vermont
1959: John Keating è il neo-docente della severissima Accademia maschile
Welton. I suoi metodi d’insegnamento sono creativi e anticonformisti e grazie a
lui sette studenti avranno una visione della vita e del mondo del tutto
diversa.
Mia recensione
Capita, ogni tanto, che il titolo italiano di
un film straniero, non sia una cretinata fuorviante. È successo ormai qualche
annetto fa con L’attimo fuggente, che
differisce – senza stravolgere l’immaginario della narrazione - dal bellissimo Dead Poets Society (Setta dei poeti
estinti). La distribuzione italiana, infatti, si è agganciata alla locuzione citata
durante la pellicola del poeta latino Orazio, che invita a «cogliere l'attimo»
(in latino carpe diem, nella versione
originale seize the day; cfr. Wikipedia).
Parlo oggi di uno dei grandi film degli anni Ottanta del secolo scorso, giunto
nelle sale proprio nello scorcio del decennio (1989) al punto da lasciare un’impronta
‘pesante’ su tutti i Novanta e poi divenire un cult di valore inestinguibile. Come succede con tante altre, è una
di quelle opere cinematografiche di cui possiedo il dvd e che rivedo molto
spesso.
Robin Williams in piedi su un banco in una scena simbolo de L'attimo fuggente
Si tratta di un dramma giovanile ben
congeniato grazie, soprattutto, a una sceneggiatura originale da applausi e a
un soggetto entrambi opera di Tom Schulman, che in seguito – guarda i casi
della vita - sia come script-maker
che in un unico tentativo alla regia, non ha combinato davvero nulla che valga
la pena d’esser ricordato. A volte, comunque, in un’esistenza, è sufficiente
trovarsi nel posto giusto al momento giusto (passatemi il luogo comune) e
magari portarsi a casa un Oscar. E così Schulman ha fatto,
rendendosi forse principale artefice del successo di questo film del grande - anche
se non molto prolifico - Peter Weir, autore di capolavori (oltre a questo) fra i
quali The Truman Show nel 1998 (con
un perfetto Jim Carrey che vinse il Golden Globe) e Master
& Commander nel 2003 (con un Russel Crowe bravissimo
in un ruolo per lui ideale). L’oggi 69enne cineasta australiano ha avuto il
merito di trasformare in realtà, senza gravi sbavature, l’immaginario della
pregevole sceneggiatura.
Un giovanissimo Ethan Hawke nel bel film del 1989
Weir ha saputo
trasmettere attraverso un organico piano di racconto, la sensazione di
arretratezza molto vicina a un oscurantismo che si fa negazione del progresso,
tipico delle scuole intrise di tradizioni ammuffite. Le stesse consuetudini che
negano agli studenti la possibilità di mollare le briglie al proprio istinto,
alla propria creatività che sono repressi al punto da diventare gli incubi
peggiori e, a volte, fatali. Nell’ambito di un lavoro registico di prima
scelta, comunque, a mio avviso è riscontrabile, solo ogni tanto, una mancanza
di fluidità, che deriva da sezioni del racconto che dalla carta alla pellicola
non fanno altro che disunire l’esperienza filmica. Come l’inframezzo della
storiella amorosa di uno degli alunni, che nulla aggiunge all’impianto generale
della pellicola. Una pecca, probabilmente, di cui anche nella fase di montaggio
è stata sottovalutata l’incisività secondo me negativa.
Il regista Peter Weir
Il film beneficia di una mirabile
interpretazione – che a mio avviso avrebbe meritato un riconoscimento
importante – di Robin Williams (visto di recente nell'apprezzato The Butler - Un maggiordomo alla Casa Bianca
di Lee
Daniels), perfettamente
immedesimato in un personaggio, il professor John Keating, che sembra disegnato
apposta per esaltare le qualità recitative del 51enne interprete di Chicago.
Intorno al navigatissimo attore un gruppetto di giovani e ambiziosi aspiranti tali,
fra i quali, tuttavia, l’unico ad aver spiccato un volo da albatros è stato il
carismatico Ethan Hawke, che crescendo si è infilato nei cast di lungometraggi importantissimi
quali, a ritroso, il recentissimo ‘woodyalleniano’ Before Midnight (2013), Brooklyn's
Finest (2009), Onora il padre e la
madre (2007) e - the last but not the
least (ultimo ma non meno importante) - Training
Day (2001) al fianco di un Denzel Washington mattatore
che vinse l’Oscar come miglior attore (fa anche rima).
Molto importante la cura prestata sia nella
scenografia (bellissima la sequenza in cui uno dei collegiali si lancia con la
biciletta lungo un prato in discesa e fa sollevare un folto stormo di uccelli),
sia nei costumi che aiutano a calarsi nelle atmosfere degli anni Cinquanta e in
quelle dei convitti scolastici di tradizione anglosassone. Il tutto
accompagnato da una colonna sonora (Maurice Jarre) che
integra armoniosamente la sequenza visiva. Un film che pochi veri amanti del
cinema non avranno ancora visto e che per la serata di oggi deve essere assolutamente
scelto o riscelto. Sempre che si abbia voglia di guardare la tv.
Stefano Marzetti
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