martedì 11 marzo 2014

Quelli che forse non avete ancora visto (con trailer)

La locandina
The Exorcism of Emily Rose

Mia valutazione: **** = 7,5

Scheda del film
Un film di Scott Derrickson. Con Laura Linney, Tom Wilkinson, Campbell Scott, Jennifer Carpenter, Colm Feore, Joshua Close, Ken Welsh, Duncan Fraser, Jr Bourne, Mary Beth Hurt, Henry Czerny. Horror, Usa 2005. Durata 119'.

Trama del film
Il processo dello Stato contro padre Moore, accusato di aver indotto Emily Rose alla morte. Il prete l'avrebbe spinta ad abbandonare la cura medica prescrittale a rimedio di una supposta patologia psicotico-epilettica, per sottoporla ad un tentativo di esorcismo: perché di possessione del Diavolo (anzi, di sei demoni) avrebbe sofferto in realtà Emily.

Cosa ne penso
Per alcuni versi si avvicina alla pietra miliare L’esorcista (1973 di William Friedkin [tre Oscar: miglior sceneggiatura non originale; due per il miglior suono; quindici nomination complessive]), che a mio avviso paga lo scotto dell’età avanzata. Effetti speciali che allora furono giudicati stupefacenti, poco tempo dopo e ancora oggi appaiono grossolani a livelli parodistici. Non per nulla di quello straordinario film sono state prodotte alcune deridenti versioni (la più famosa, forse, è Riposseduta [Usa 1990] con l’esilarante Leslie Nielsen e l’improbabile e ridicolo/volgare L’Esorciccio [Italia 1975] con gli scatenati Lino Banfi e Ciccio Ingrassia).

The Exorcism of Emily Rose è al passo con i tempi. Ricostruzione filmica di una vicenda realmente accaduta (su internet si trovano alcune immagini della reale posseduta), valorizzata da molte scene d’effetto sconcertante tra le quali forse la più bella è quella in cui la vittima è presa dal demonio in quello che ha tutto l’aspetto di essere un rapporto carnale. Senza dubbio all’altezza del non facile compito l’oggi 34enne Jennifer Carpenter (che non ha nessun legame di parentela col grande regista John Carpenter, anche se la voce che fosse addirittura la figlia ha girato in lungo e in largo), il primo da protagonista quasi assoluta. Due occhi grandi e felini che, oltre all’appoggio delle tecnologie che ricostruiscono le situazioni più impressionanti, rendono affatto credibile la sua parte da invasata trascendentale.

Altri due attori di caratura e curriculum decisamente più importanti della pur valente Carpenter, quali l’inglese Tom Wilkinson (protagonista dell'apprezzato Un giorno per sbaglio nel 2006) e la newyorkese Laura Linney (premio Oscar come miglior attrice non protagonista nel provocante Kinsey, 2004, vicino al bravissimo Liam Neeson), conferiscono un valore aggiunto alla pellicola dell’horror specialist Scott Derrickson (più che buono nel 2013 il suo Sinister, con Ethan Hawke). Entrambi disinvolti nel ruolo rispettivamente del prete esorcista e dell’avvocato incaricato di difendere il parroco. È un film che non stanca nemmeno per un attimo, credibile quasi come un documentario, supportato dall’efficacissima colonna sonora di Christopher Young. Ben congegnato lo script di Paul Harris Boardman, che garantisce un armonico scorrere della vicenda filmica.


La locandina
Il rito – The Rite

Mia valutazione: *** = 6

Scheda del film
Un film di Mikael Hafström. Con Anthony Hopkins, Colin O'Donoghue, Alice Braga, Toby Jones, Ciarán Hinds, Rutger Hauer, Maria Grazia Cucinotta, Chris Marquette, Torrey DeVitto, Marta Gastini, Andrea Calligari, Marija Karan, Arianna Veronesi. Titolo originale The Rite. Thriller, Usa 2011. Durata 114'.

Trama del film
La storia di un giovane seminarista americano che studia per diventare prete. In balìa del credere o non credere, trova la sua occasione per dimostrare la propria fede quando dal Vaticano è incaricato di seguire un presunto caso di possessione.

Cosa ne penso
Guardabile ma si può anche soprassedere. Vale comunque la pena di parlarne. Il rito (ogni tanto il titolo italiano non storpia quello originale) nel genere ‘esorcismo’ è surclassato da diversi ‘colleghi’ (non ultimo quello recensito più in alto, The Exorcism of Emily Rose), per non parlare dell’altro succitato, L’esorcista. Questo film del 53enne regista svedese Mikael Hafström, anch'egli a suo agio con gli horror (nel 2007 il buon 1408, con John Cusack in ottima forma) è tenuto in piedi quasi esclusivamente dal solito grandioso ormai 76enne (che il fato ce lo conservi in salute per molti altri anni) Anthony Hopkins (due premi Oscar, nel 1991 miglior attore in Il silenzio degli innocenti; nel 1997 miglior attore non protagonista in Amistad).

Dell’interprete britannico, per dare una sufficiente dose di valore al film bastano i celeberrimi sguardi che ridono e pietrificano quasi all’unisono, la sua recitazione sempre venata di sarcasmo, il tutto valorizzato - nella versione in italiano ogni tanto va detto - da quell’eccellente doppiatore che è Dario Penne. In tal modo riesce a rendere senza sbavature il personaggio di padre Lucas Trevant, prete di “professione”, dalla fede altalenante e messa in discussione da una mente illuminata e per il quale gli esorcismi sono quasi pane quotidiano.

Grazie a Sir Philip Anthony Hopkins, insomma, è stata messa una pezza a una sceneggiatura zoppicante (Michael Petroni) e a un cast di attori poco più che mediocri, fatta eccezione, nei panni di Padre Matthew, per l’esperto oxfordiano Toby Jones (ottimo in Infamous [2006] nella parte di Truman Capote, film uscito solo un anno dopo (trama identica) lo straordinario Capote col compianto Philip Seymour Hoffman [premio Oscar come miglior attore]). Insipida la performance del 33enne irlandese Colin O´Donoghue (il seminarista titubante Michael Kovak). Poco credibile l'ambientazione - perlopiù Roma e 'presunti' dintorni - e una colonna sonora piatta (Alex Heffes) quando in film di questo genere dovrebbe essere uno degli elementi più curati. Insomma, Il rito non è niente di più di una pellicola da recuperare per serate che non promettono scintille.

Stefano Marzetti

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