martedì 4 marzo 2014

“Allacciate le cinture”, ancora amore turbolento, ancora omosessualità (trailer)

La locandina
Scheda del film

Un film di Ferzan Ozpetek. Con Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchitano, Francesco Scianna, Carolina Crescentini, Elena Sofia Ricci, Carla Signoris, Paola Minaccioni, Giulia Michelini, Luisa Ranieri. Commedia, Ita 2013. Durata 110'. 01 Distribution. Uscita giovedì 6 marzo 2014.

Trama del film

Quando tutto sembrava tranquillo e in ordine, nella vita di Elena (Kasia Smutniak) arriva una vera e propria turbolenza: la passione improvvisa e corrisposta per Antonio (Francesco Arca). Ma è una passione proibita. E per vari motivi: Elena da due anni sta insieme a Giorgio (Francesco Scianna); Antonio è il nuovo ragazzo della sua migliore amica (Carolina Crescentini); Elena non stima per niente Antonio, che è il suo opposto; e per finire Fabio (Filippo Scicchitano), il suo migliore amico, lo odia e lo detesta. Ma l’attrazione tra i due esplode lo stesso anche a scapito di scompigliare le regole delle vite di tutti. Tredici anni dopo, però, quando Elena, Antonio e Fabio sono ormai degli adulti e le loro vite si sono realizzate in matrimonio, figli e lavori gratificanti, una nuova turbolenza, molto più dura, metterà alla prova la vera natura dei loro sentimenti e dei loro legami. Attraverso il dolore saranno costretti a ridefinire tutte le regole dell’amicizia e dell’amore. E allora non ci sarà più spazio per i pregiudizi, i rancori, il peso delle cose non dette. Così anche i turbamenti del passato saranno riletti alla luce del presente e ogni cosa riacquisterà il suo giusto peso: la leggerezza della passione ritroverà il suo spazio all’interno del senso globale di tutta una vita.

Tema del film

Trovo (opinione strettamente personale) che il 55enne regista turco/italiano/romano Ferzan Ozpetek, abbia imboccato una strada un po’ in discesa della sua carriera, in precedenza costellata di film che mi hanno del tutto rapito. Testimonianza ne sono pellicole (sempre a mio modo di vedere) come Saturno contro (2006), Un giorno perfetto (2008), non ho visto Magnifica presenza (lo recupererò), con l’eccezione del divertente Mine vaganti (2010), godibile sino in fondo. Tutto ciò non ha nulla da spartire con autentici gioiellini quali Il bagno turco. Hamam (1997), Le fate ignoranti (2001), La finestra di fronte (2003) e Cuore sacro (2005), opere da rivedere e rivedere. Pare confermare il calo d’ispirazione questo Allacciate le cinture, il quale a leggere alcuni commentatori è piuttosto banale e avaro di colpi di scena.

Il regista Ferzan Ozpetek
In effetti, non può bastarci che uno script (realizzato con Gianni Romoli, sceneggiatore storico del regista, quello di Saturno contro e La finestra di fronte) metta in campo amore e sostegno nei confronti del prossimo per definire una vicenda in cui la solidarietà ne sia il cuore. In sostanza, come rileva Spaziofilm.it, il film “è l’invito che il cineasta (cui vivere in Italia piace un casino, mi sembra evidente) … rivolge idealmente ai suoi personaggi così come allo spettatore: a volte capita che nella vita ci si trovi a dover affrontare delle turbolenze; bisogna dunque allacciare le cinture, le nostre e quelle di chi ci viaggia vicino”. In parole povere è una storia d’amore come al solito di stampo corale (in pieno stile ospetekiano) in cui non mancano elementi d’omosessualità e omofobia (e anche in questo, trattandosi di Ozpetek, di originale c’è davvero poco). Il conflitto è inevitabile – sempre a detta di Spaziofilm.it – e crea il classico crescendo e poi calando, che potrebbe ricordare, a mio avviso, l’interessante romanzo di Andrea De Carlo (per il quale ho un personalissimo debole), Arco d’amore (2008).

Una scena del film
Un conflitto che ha come conseguenza lo sconvolgimento di altre esistenze che ruotano intorno a quel sentimento deteriorantesi. Interessante, per chi ama i temi psicologici, ma se il racconto si serve di mediocri teatrini, allora è tutta un’altra storia, che definirei con un sonoro “era meglio restarsene a casa e, al limite, recuperare il film in altri modi. Come a difendersi, Ferzan per spiegare le perplessità suscitate dalla sua ultima fatica, ha affermato che c’è “un certo timore ad affrontare alcuni temi, si pensa che il pubblico voglia solo ridere, in realtà la vita è fatta di momenti di gioia e momenti di turbolenza. Da questo nasce il titolo del film”. Che a me sembra quello di un cine-panettone. Eppure questo lungometraggio pare essere un alternarsi di eccessiva leggerezza ad accenti lirici piuttosto apprezzabili. In conclusione, io a vederlo al cinema non ci vado, il risparmio di questi tempi è d’obbligo. Ma chi tutt’ora apprezza Ozpetek può tentare la fortuna.

Stefano Marzetti

(si ringraziano anche Repubblica.it e La Stampa.it)

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