Un film di Terry Gilliam. Con Matt Damon,
Christoph Waltz, Tilda Swinton, Ben Whishaw, Peter Stormare, David Thewlis,
Melanie Thierry, Lucas Hedges, Dana Rogoz, Sanjeev Bhaskar, Emil Hostina,
George Remes, Tudor Istodor, Radu Andrei Micu, Olivia Nita, Naomi Everson,
Madison Lygo. Drammatico, Usa/Gb 2013. Durata 107’. Uscita prevista nel maggio 2014.
Trama del film
La storia
parla di un genio dell’informatica Qohen Leth (Christoph Waltz) tormentato da
un enigmatico progetto, che tenta di rispondere alla più angosciante delle
domande esistenziali... l’assurdità del senso della vita. In un universo
parallelo e distopico, indesiderabile, viene incaricato di risolvere quel ‘teorema zero’ che
dovrebbe svelare l’assenza di significato, il nulla dell’esistenza umana. A
capo dell’operazione presiede Management, che controlla e coordina l’intera
popolazione attraverso una sorveglianza costante. Qohen è un uomo chiuso in sé
stesso, incapace di relazionarsi con le persone e il mondo circostante e in
attesa della tanto agognata ‘chiamata’. Una volta accettato il compito, però,
si troverà risucchiato in un tunnel senza via d’uscita, dove la soluzione del ‘teorema’
sembra impossibile da cogliere e farà vacillare gradualmente le certezze
dell’uomo.
Una cella claustrofobica dalla quale nemmeno
il più determinato Frank Morris (il fuggiasco Clint Eastwood in Fuga da Alcatraz [1979]) sarebbe in
grado di evadere. È in questa caverna al limite della pantomima che un
incorreggibile Terry
Gilliam decide di trascinare lo spettatore. E il 73enne
regista di Minneapolis (Minnesota, Usa) lo fa senza timore di inciampare,
sempre incaponito a girovagare nel suo mondo fantastico. Girovagare che gli ha
permesso di regalare al cinema capolavori come La leggenda del re pescatore (1991) e L’esercito delle dodici scimmie (1995). Ed è proprio a quest’ultimo
che sembra rimandare The Zero Theorem,
opera che ho l’impressione abbia confuso le idee ai commentatori che l’hanno già
vista (più probabile, forse, che le idee me le sia confuse io). Non si capisce
bene se da questo lavoro siano rimasti affascinati o se non l’abbiano digerita.
Un film confusionario ma intelligente, par di capire e non è che le due
caratteristiche siano inconciliabili, anzi.
Il protagonista, Christoph Waltz |
Il regista Terry Gilliam in azione |
Appena si esce di lì, dal mondo di Qohen, lo
scorrere della narrazione è annunciato come ingorgato da scelte narrative ormai
superate. Bella la definizione sempre di Sacchi: “Un videogioco vintage riadattato alla contemporaneità”. Davvero come se questo film
fosse stato pensato vent’anni fa ma realizzato solo nel 2013. Con le
conseguenze buone e meno buone che questo comporta. Tra le meno buone c’è il
rischio che il pubblico perda il filo e che abbia ragione ad averlo perso,
perché magari è lo stesso autore dell’opera che a un certo punto non ha più
saputo tener dritta la barra del timone (luogo comune che ho volutamente utilizzato).
In parole povere la domanda che potremmo trovarci a rivolgerci è questa: siamo
diventati noi troppo pragmatici o è il “vecchio” genio di Gilliam che
si sta lentamente spegnendo? Vedremo, anche perché io Christoph Waltz combinato in quella maniera me lo voglio gustare sul grande schermo.
Stefano
Marzetti
(si ringrazia anche Filmup.it)
Questo blog e' fatto molto bene e da molte info utili. Complimenti!
RispondiEliminaGi
Ti ringrazio Gi. Soprattutto quando si è nati da poco incoraggiamenti come il tuo sono a dir poco preziosi. Grazie ancora e se vuoi continua a seguirmi.
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