Charlie Chaplin-Charlot alla cinepresa in uno dei suoi tantissimi film (foto Mauxa) |
Oggi compie cento anni il personaggio del
vagabondo Charlot ideato dal britannico Charlie
Chaplin, genio, secondo gran parte della critica, incontrastato del cinema mondiale. Era, infatti, il
1914 l'anno di Kit Auto Races at Venice quando quel
tipo bizzarro del cinema muto, dallo sguardo malinconico, si presentò sul
grande schermo con la sua bombetta, il bastone e le scarpe a punta. L’abbigliamento,
sempre lo stesso, col quale passò alla storia dell’universo di celluloide e non
solo. Chaplin nello
stesso anno era già apparso in Per guadagnarsi la vita, un corto che lo vedeva impegnato nelle vesti di un aspirante giornalista a caccia di scoop.
Una scena de Il grande dittatore, film con cui Chaplin, in un momento delicatissimo, riuscì a deridere il regime nazista |
Emblema del cinema, Charlie
Chaplin deve tutto
al personaggio di Charlot, il vagabondo.
Fu proprio su quest’anti eroe che l’autore di capolavori quali Il
vagabondo
(1916), Il
monello (1921), Luci della
città (1931), Il grande
dittatore
(1940), Luci
della ribalta
(1952) e tanti altri, costruì gran parte delle sue sceneggiature. Con oltre settantacinque
anni di vita lavorativa ha influenzato la storia del cinema come regista,
attore, comico ed è stato una delle personalità più intuitive, poliedriche e
influenti, del cinema muto in particolare. La sua grandezza è provata anche da alcune
similitudini con altri artisti del Novecento che, in un modo o nell’altro, ne hanno
ripreso le mosse e soprattutto la gestualità. In Italia gli esempi sono
illustri e soprattutto il primo è Totò, che in particolare nella gestualità degli esordi teatrali, lo ricordava molto. Il Vagabondo -
rileva giustamente Blog Taormina - era una marionetta che
incarnava le
sfumature dell’essere umano. Gioie, dolori, contraddizioni e comicità. In lui
c’era tutto e, a differenza dell’uomo comune, riusciva a leggere in anticipo i
cambiamenti di un’epoca. Una figura dotata, inoltre, di una grande sensibilità.
Un aspetto da non sottovalutare, considerando il contesto bellico in cui
nacque.
Charlot |
Un’analisi filosofica di questo personaggio, mostra
subito quanto, ai tempi in cui cominciava ad essere ripresa l’idea del superomismo nietzscheliano (o dell’oltreuomo, che dir si voglia),
Chaplin decise di inserire una figura antitetica. Charlot
e la sua insicurezza, mostrata a cominciare dalla camminata incerta e piena d’inciampi,
si ritagliavano un proprio posto all’interno di un secolo destinato a provocare
dolori e profondi cambiamenti. Saper interpretare l’epoca in cui si vive, vuol
dire essere ricordati anche dopo la propria morte. E’ quello che è successo a Charlie
Chaplin, che con il
suo alter ego è riuscito a far ridere
ma anche a riflettere molto in anni di sofferenze per la gente del Vecchio Continente
e degli Stati Uniti, in cui visse e lavorò per molto tempo, mai dimentico della Madrepatria.
s.m.
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