Un film di Brian Percival. Con Geoffrey Rush,
Emily Watson, Sophie Nélisse, Ben Schnetzer, Nico Liersch, Joachim Paul
Assböck, Kirsten Block, Sandra Nedeleff, Rafael Gareisen, Godehard Giese,
Hildegard Schroedter, Gotthard Lange. Titolo
originale The Book Thief. Drammatico, Usa/Ger 2013.
Durata 125'. 20th Century Fox. Uscita giovedì 27 marzo 2014.
Trama del film
Vicenda ambientata
nella Germania della seconda guerra mondiale. Protagonista è Liesel (Sophie
Nélisse), una vivace e coraggiosa ragazzina
affidata dalla madre, incapace di mantenerla, ad Hans Hubermann (Geoffrey
Rush), un uomo buono e gentile e alla sua
irritabile moglie Rosa (Emily Watson).
Scossa dalla tragica morte del fratellino - avvenuta solo pochi giorni prima - e
intimidita dai ‘genitori’ appena conosciuti, Liesel fatica ad adattarsi sia a
casa sia a scuola, dove è derisa dai compagni di classe perché non sa leggere.
Con grande determinazione è tuttavia decisa a cambiare la situazione e trova un
valido alleato nel suo papà adottivo che, nel corso di lunghe notti insonni, le
insegna a leggere il suo primo libro, Il manuale del becchino, rubato al funerale del fratello. L’amore
di Liesel per la lettura e il crescente attaccamento verso la sua nuova
famiglia, si rafforzano grazie all’amicizia con un ebreo di nome Max (Ben
Schnetzer) che i suoi genitori nascondono
nello scantinato e che condivide con lei la passione per i libri
incoraggiandola ad approfondire le sue capacità di osservazione.
Critica
Rendo noto un mio problema (si fa per dire): di film in cui si
parla di nazismo ho ormai fatto quasi indigestione. Anche perché quando uno ha
visto Schindler's List, 1993 di Steven
Spielberg
con Liam
Neeson (uno dei
più bei film della storia del cinema mondiale) e, per esempio, Il pianista, 2002, di Roman
Polanski con Adrien Brody, potrebbe
quasi sentirsi a posto. Certo, nel genere ce ne sono tanti altri e alcuni molto
belli, ma davvero troppi, di pari passo con la produzione letteraria. L’olocausto
degli ebrei merita tutta quest’attenzione, ciò non toglie che gli eccessi
aumentano il rischio di fallimenti.
Fatta questa premessa Storia di una ladra di libri (tratto dal romanzo di Markus
Zusak intitolato La bambina che salvava i libri e la cui
riduzione cinematografica è opera di Michael Petroni) sembra - stando ai pareri letti qua e là sul web - non rientrare di certo nel novero dei
suddetti fallimenti. Nella sua essenza autobiografica, l’opera del regista
britannico Brian Percival (al primo film degno di nota nel suo magro curriculum) mette da
subito in evidenza la cattiveria dell’essere umano, che in quel momento della
storia raggiunse uno dei livelli più elevati.
Cattiveria unita all’ignoranza,
all’idiosincrasia per la cultura che sola può portare a una crescita interiore
e quindi a un allontanamento dalla brutalità. In questo contesto entra in gioco
la piccola protagonista, la ‘ladra’ di libri, che a costo di mettere da parte
le frivolezze tipiche dei suoi anni, si avvicina alla lettura e da essa riceve
l’aiuto per farsi un’idea di ciò che le avviene intorno, avvicinandosi alla
vita e alla sua principale essenza.
Il regista Brian Percival |
Una scena di Storia di una ladra di libri |
Da sinistra Sophie Nélisse, Emily Watson e Geoffrey Rush |
In tale complessità l’imperfezione di questo
film più che promettente, starebbe nel finale affrettato e, quindi, causa di un
senso d’inappagamento di chi ha pagato il biglietto (che, lo ricordo sempre,
non ti regala nessuno, a parte i soliti fortunati). Inoltre l’apoteosi è, a
quanto pare, sovrabbondante, “avvenimenti, immagini e drammi si susseguono a
gran velocità - scrive sempre Arseni - dando allo spettatore la sensazione di
precipitare insieme agli eventi. Ci si sente storditi e privati dell’intimo
piacere di emozionarsi nel vedere conclusa una storia ben raccontata”. Comunque
assolutamente da vedere. E al cinema.
Stefano
Marzetti
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