venerdì 28 marzo 2014

Il più bello di stasera sul ‘digitale’: Rai 5 alle 21,22 (con trailer)

La locandina
Marina Abramović - The Artist is Present


PREMI

Berlino International Film Festival 2012: Panorama Doc

Mia previsione: ♥♥ = 5,5

Scheda
Un film di Matthew Akers. Con Marina Abramovic Documentario, Usa 2012. Durata 99'.

Trama
Un ipnotizzante viaggio cinematografico nel mondo di un’artista radicale che non traccia distinzioni tra vita e arte. Film rivelazione della Berlinale: ritratto intimo di una donna incredibilmente magnetica e infinitamente intrigante acclamata tra le artiste più significative dei nostri tempi. Nata a Belgrado, figlia di due partigiani, Marina si trasferisce nel 1976 ad Amsterdam e qui incontra il performer tedesco Ulay (Uwe Laysiepen), che diventa suo partner nella vita e nel lavoro. Nati lo stesso giorno, i due sono anime gemelle che mettono alla prova i reciproci ego traboccanti sulla scena e intrattengono una relazione simbiotica fortissima, che dura più di un decennio. Il documentario di Matthew Akers segue l'artista nella preparazione della grande retrospettiva che il Museum of Modern Art di New York ha dedicato alla Abramović nel 2010, la più grande esibizione che il Moma abbia mai dedicato all'arte della performance.

Critica
Un’opera che “si potrebbe ‘definire’ film, video-testamento artistico, performance della performance e molto altro (…) che mette a nudo l’artista - scrive Lorenza Lorenzon di B Come Blog Unità - e la sua incessante ricerca che da quarant’anni analizza le emozioni ed i meccanismi dell’essere umano, in un felice matrimonio tra etica ed estetica. Centodieci minuti fondamentali per chi volesse comprendere ed immergersi nell’universo di una protagonista dell’arte contemporanea - rileva ancora Lorenzon - che celebra fortemente l’identità arte/vita e che ci mostreranno tutte le fasi della performance al Moma (Museum of Modern Art di New York, ricordo io), tra le tappe più importanti della vita dell’artista. L’Abramović ti osserva costringendoti ad osservarti, dichiarando lei stessa: «Quello che posso dire è che questa performance mi ha cambiata a livello profondo; per me può solo avvenire che il mio lavoro cambi la mia vita e non l’opposto (…) l’aspetto interessante della situazione è che il pubblico osserva se stesso e l’osservatore diventa osservato (…) dobbiamo esplorare altri modi di comunicare».

“Ultrasessantenne ma dotata di un'energia assolutamente fuori del comune (il curatore della retrospettiva, Klaus Biesenbach, dice giustamente di lei, nel film She's never not performing), Marina lavora con instancabile impegno, mostrandoci l'enorme carico amministrativo che sta dietro un'opera d'arte”. È quanto scrive, invece, Marianna Cappi di Mymovies. Che ci dice come questo docufilm riprenda “l'artista, animata dalla convinzione che la cosa più difficile sia
Marina Abramović
fare qualcosa che si avvicini al niente, mentre alza lo sguardo ogni volta sulla persona che ha di fronte e gli si dedica, senza distrazione alcuna, per tutto il tempo che l'altro desidera (…) Lo sguardo occhi negli occhi con questa donna che non ha paura di nulla e sa donare se stessa senza limiti - scrive ancora Cappi - suscita spesso il pianto o comunque l'emozione forte, unica e irripetibile, ed è un'emozione che la camera di
Akers riesce a restituire, facendoci riflettere anche sulla natura dello schermo come specchio e del primo piano, quale lo catalogava Deleuze, come immagine-affezione”.

Sono abbastanza refrattario ai film-documentari. È senza dubbio un limite che fa di me un cinefilo forse con la ‘c’ minuscola. Oppure semplicemente un tizio qualunque che preferisce vedere una pellicola di pura finzione che un qualcosa che mischia la realtà all’arte della ripresa cinematografica. Premesso ciò, quindi, senza nulla togliere alla pellicola che stasera Rai 5 ha deciso, giustamente, di proporre ai pochi che non si lanceranno per strada e nei locali per celebrare la prima serata/nottata della fine settimana, premesso ciò, dicevo, dopo aver analizzato le recensioni di chi il film l’ha visto, mi sono fatto l’idea che Marina Abramović sia piuttosto ‘difficile’, aggettivo col quale intendo che l’opera potrebbe non essere fruibile dalla maggioranza del pubblico, che per lo più ignora la storia e il valore dell’artista-protagonista e, come il sottoscritto, è poco avvezza alla lettura di un film, forse, a basso indice d’intrattenimento.

st.mar.

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