La locandina |
Mia valutazione: ♥♥♥ = 7,5
La
scheda
Un film di Henry Alex Rubin. Con Jason
Bateman, Hope Davis, Frank Grillo, Michael Nyqvist, Paula Patton, Andrea
Riseborough, Alexander Skarsgård, Max Thieriot, Colin Ford, Jonah Bobo, Haley
Ramm, Kasi Lemmons, Erin Wilhelmi, John Sharian, Norbert Leo Butz, Erin Darke,
Antonella Lentini, Marc Jacobs. Drammatico, Usa 2012. Durata 115' circa.
Universal Pictures.
La trama
Un avvocato
infaticabile vive incollato al cellulare tanto da non riuscire a trovare tempo
da dedicare alla moglie e ai due figli adolescenti. Un ex poliziotto, due teen ager bulli, una giornalista televisiva in
carriera, un ragazzo esibizionista per soldi in una chat, una coppia vittima di un furto perpetrato
da un hacker. Non si conoscono ma le
loro storie s’incrociano in modo drammatico in un puzzle che esplora le conseguenze della tecnologia
moderna e come questa possa influenzare e modificare le esistenze. Il nostro
modo di vivere ‘digitale’ di ogni giorno è davvero ‘connesso’ con il mondo
reale? Disconnect fotografa in maniera
drammatica una realtà molto cupa e ci svela profonde verità.
Recensione
La spietatezza degli uomini contro gli
uomini, dai ragazzini agli adulti senza distinzione. E l’opportunismo, come
quello della giornalista - brava nella parte l’inglese Andrea
Riseborough
(Oblivion) - che poi è
sopraffatta e schiacciata dalla sua stessa foga di carrierismo. Alla base di Disconnect, film
diretto con mano sorprendentemente sicura dal documentarista Henry
Alex Rubin
(al suo primo lungometraggio filmico) vi sono situazioni che sfuggono di mano a
chi pensa di poter controllare tutto senza intralci. Protagonista assoluta
l’impietosa potenza - demoniaca in questo caso - dell’online che non consente errori e che l’uomo non è ancora in grado
di gestire senza rischiare di farsi sconvolgere l’esistenza. La sceneggiatura
di Dina
Goldman è ben
costruita per esprimere il disarmante abuso della tecnologia internettiana dei
nostri giorni. Un mostro tentacolare - con i suoi social network, forum, chat, webcam, clonazioni e, di conseguenza, frodi finanziarie - che, in
molti casi, azzera i rapporti in carne e ossa e diviene malefico, inaffidabile
intermediario. Nonostante il tema di base, non sono presenti effetti di
computer grafica di particolare rilevanza.
Jason Bateman in una scena di Disconnect |
Lo script
spazza via la possibilità che il web
possa facilitare l’amicizia, i rapporti amorosi, rimediare alla solitudine.
Alla fine, senza l’incontro e lo scontro vis
à vis non esiste alcuna soluzione. Presentata fuori concorso a Venezia
durante la 69^ edizione della Mostra internazionale d’arte cinematografica, la
pellicola è costruita con la tecnica cosiddetta multilineare, apprezzata in film eccezionali quali, a esempio, Crash (2004) e Magnolia (1999). Si
tratta di narrare storie diverse che in un
primo momento sembrano non avere punti di contatto fino a una
progressiva, rapida e il più delle volte drammatica intersecazione.
Il montaggio di Disconnect - opera
girata nella periferia di New York - garantisce una concatenazione d’immagini
lineare e rapida che permette al film di mantenere sempre alto il suo ritmo. La
conseguenza è uno scorrere mai noioso della vicenda, ad alto tasso di
coinvolgimento e pathos. I
personaggi, che siano ben incarnati o no da attori di esperienza e livello
diversi, sono comunque convincenti e permettono una forte immedesimazione dello
spettatore. In questo, però, vi sono delle scivolate, come la quasi
insignificante partecipazione di un interprete di comprovata bravura quale lo
svedese Michael
Nyqvist
(protagonista
principale della trilogia di Uomini che odiano le donne - titolo
del primo episodio - tratta dai romanzi-thriller di Stieg
Larsson), relegato
a un impegno di pochissime e brevissime scene che sarebbe potuto essere
affidato ad attori di inferiore caratura. Sprecato. Dal canto suo Jason
Bateman regala un’altra
prova convincente, anche se il soggetto ne circoscrive in eccesso la libertà d’azione
e di espressività. Bene i due giovanissimi della storia, in particolare Colin
Ford chiamato a
far emergere la doppia faccia di un ragazzino sofferente perché si sente solo, non
compreso dal padre (efficace il newyorkese Frank Grillo [sarà
protagonista dell'horror di prossima
uscita, Anarchia
- La Notte del Giudizio] nei panni del vedovo ex poliziotto esperto di truffe
informatiche) e che reagisce a questo disagio con l’espediente del bullismo manifestato
però in versione 2.0.
Michael Nyqvist, per lui una parte di secondo piano |
Paula Patton, fra i protagonisti del film di Henry Alex Rubin |
I protagonisti sono tanti, come in tutti i
film plasmati con questa tecnica. A non uscirne benissimo è la coppia composta
dalla ‘losangelina’ Paula Patton (Mission Impossible - Protocollo
Fantasma) e dallo svedese Alexander
Skarsgård
(in questi giorni al cinema con Quel che sapeva Maisie), nei panni
dei due coniugi incastrati nella non indispensabile e anche ripetitiva
rappresentazione della coppia in crisi per colpa della perdita di un figlio, uno
degli espedienti narrativi più inflazionati delle sceneggiature a livello
mondiale. Sarebbe stato sufficiente, a mio avviso, mostrare marito e moglie
alle prese con una normale vita di alti e bassi, all’improvviso resa
impossibile da una semplice leggerezza online.
Ben disegnata la vicenda del cam-boy
- pronto a esibirsi in tutte le fantasie sessuali che uomini e donne gli
chiedono attraverso la webcam e lo
schermo del computer - interpretato da un inedito Max
Thieriot (Chloe - Tra
seduzione e inganno) calato molto bene in un personaggio convincente in tutte le sue
sfaccettature. Meno verosimile la facilità con cui è perdonato dall’organizzazione
che gli sta alle spalle, giacché lui si è lasciato intervistare mettendo alla
berlina, di fatto, l’intero business.
Disconnect, nel
complesso, è un film ben fatto, soprattutto nella sua capacità di esprimere i
vari drammi che in esso si sviluppano, come quello - forse più di altri - del
ragazzino introverso che in seguito a crudeli scherzi di suoi coetanei scopre
che una foto in cui è autoritratto completamente nudo, sta facendo il giro dei social network. Terribile.
Stefano
Marzetti
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