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Trama del film
Siamo negli
Stati Uniti. Negli anni che hanno preceduto la guerra civile americana, Solomon
Northup (interpretato da Chiwetel
Ejiofor), un nero nato libero nel nord
dello stato di New York, è rapito e venduto come schiavo. Misurandosi tutti i
giorni con la più feroce crudeltà (personificata dal perfido proprietario
terriero interpretato da Michael
Fassbender) ma anche
con gesti d’inaspettata gentilezza, Solomon si sforza di sopravvivere senza perdere
la sua dignità. Nel dodicesimo anno della sua odissea, l'incontro con un
abolizionista canadese (Brad Pitt) cambierà per sempre la sua vita.
Dalla libertà alle catene. Di schiavitù s’è
parlato tanto nel cinema ma è davvero originale questo punto di vista, quello che
scaturisce da una storia vera tratta dall’autobiografia di SolomonNorthup.
Il film 12 anni schiavo (candidato a
ben nove premi Oscar e ha già vinto due “Bafta” per il miglior film e per il miglior
attore e un Golden Globe come miglior film drammatico; ha trionfato al Festival
di Toronto e raccolto grandi consensi a quello di New York) parla di un uomo
che conosce sia la condizione di uomo libero, sia quella di soggiogato. Cosa c’è
di peggio? Fa pensare al famoso detto “meglio non aver mai avuto soldi, che
averne avuti e averli persi tutti”, recita più o meno così.
La vicenda si svolge nel 1841, poco prima
della guerra civile americana. A quei tempi succedeva. Davvero un bel percorso.
I neri nati liberi negli stati del Nord erano fatti prigionieri e venduti come
schiavi al Sud. E la schiavitù, in fondo, cos’è. Può essere dar da mangiare ai
cavalli, arare un campo, servire alla tavola dei signori. Poi la schiavitù è
anche subire violente angherie prive di motivazione, continue e senza pietà. La
malvagità a farla da padrona sull’esistenza di un uomo. Pensiamo cosa possa
significare giungere a sopportare tutto questo, dopo aver condotto una parte della
vita in modo ordinario, se non addirittura all’insegna del compimento personale.
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Di fronte a questo film, saremo obbligati a
fare i conti non solo col passato, con quel 1841. Macché. Si parla d’attualità,
della barbarie cui sono sottoposti esseri umani senza colpa, a qualsiasi età.
Oggi e da sempre. Uomini, donne e bambini che proprio sotto la ferraiola
asfissiante della ferocia, usati come oggetti, picchiati, insomma in una
parola, schiavizzati, proprio coperti da quella tirannide riescono a non dissolversi,
ergendosi, a volte, al di sopra dei propri despoti.
Stefano Marzetti
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